Schwazer, la FIDAL e i media

Pubblicato il 11 Agosto 2012 alle 12:12 Autore: Matteo Patané
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La notizia della positività all’eritropoietina del marciatore Alex Schwazer, uomo di punta dell’atletica italiana e pressoché unica speranza di medaglia d’oro per la nostra compagine olimpica di atletica leggera, ha lasciato via via sconvolto, incredulo, amareggiato e infine arrabbiato un intero Paese, che nell’atleta sudtirolese riponeva le proprie speranze e nella persona nutriva un mix di simpatia e fiducia nato da una condotta sempre limpida, una vita tutto sommato lontana dai riflettori e in generale un aspetto e un savoir faire istintivamente accattivanti.

Nelle violente critiche giunte su Schwazer quando la voce ha trovato le sue conferme nell’ammissione stessa dell’atleta c’è quindi un forte senso di tradimento – forse più delle aspettative di successo che dello spirito sportivo – che tende a veicolare il giudizio dell’opinione pubblica in modo forse un po’ troppo frettoloso.

Il caso, tuttavia, è molto complesso, presenta radici profonde sia psicologiche sia sportive e persino sociali, e sarebbe ingiusto liquidare il tutto al disegno antisportivo e criminale di un singolo o di un ristretto gruppo di persone.
Riaffiora nei differenti approcci al caso Schwazer, in maniera solo apparentemente singolare, la dicotomia destra-sinistra, fornendo un primo spunto di analisi sociale della vicenda. Chi predilige un approccio “di destra”, infatti, evidenzia le responsabilità individuali dell’atleta e la libera scelta da questi compiuta di avvalersi di sostanze dopanti; chi invece si pone alla questione “da sinistra” tende a far risaltare le responsabilità del contorno, dell’ambiente circostante in cui si è trovata immersa la persona. Inutile dire che la prima visione, in genere, tende a esprimere condanne, la seconda, al contrario, attenuanti.

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Una corretta analisi dei fatti, tuttavia, non può prescindere dall’uno e dall’altro aspetto, ed il peso delle due componenti non può che essere valutato in relazione al caso specifico, evitando partigianerie e preconcetti di fondo.
Lo stesso Schwazer, in data 8 agosto, ha convocato una conferenza stampa all’hotel Sheraton Four Points di Bolzano e in un’ora si è offerto alle domande dei media, aprendosi ai cronisti e indirettamente a tutto il Paese in una maniera forse fino a quel momento sconosciuta nel mondo sportivo e del doping, fatto di atleti pronti a negare le proprie responsabilità fino – e oltre – all’indifendibile.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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