Polonia, Sikorski all’attacco degli euroscettici inglesi

Pubblicato il 28 Settembre 2012 alle 08:34 Autore: EaST Journal
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Il Regno Unito sarà europeo, o non sarà: è il succo del discorso di Radek Sikorski, ministro degli esteri polacco, al Blenheim Palace di Oxford. Sikorski, già studente ad Oxford come rifugiato anticomunista negli anni ’80 ed accolito di Cameron e Osborne, è tornato alla sua alma mater con un discorso fuori dai denti in cui attacca direttamente i 10 miti degli euroscettici britannici sull’Europa Unita.

Sikorski ha sottolineato che la maggioranza delle esportazioni britanniche sono verso altri paesi UE, che la tanto detestata Convenzione Europea deiDiritti Umani non è una istituzione UE ma anzi una creazione inglese degli ultimi anni ’40, che il costo dell’UE per i cittadini del Regno è minimo (15 pounds all’anno, contro 1500-3500 di benefici del Mercato Unico), che le 33.000 persone dello staff della Commissione sono nulla rispetto alle burocrazie nazionali, e che le direttive UE non sono “diktat” ma frutto di iniziative e negoziati da parte degli stati membri.

Richiamando il contributo inglese nella costruzione europea, Sikorski ha indicato come l’UE “è una potenza che parla inglese. Il mercato unico è stata un’idea inglese. Un commissario inglese guida il nostro servizio diplomatico. “E voi potreste, se solo voleste, guidare la politica europea di difesa“. Ma, se ciò non dovesse essere il caso, “non aspettatevi che vi aiutiamo a far naufragare o paralizzare l’Unione”.

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Con terminologia marxista, Sikorski ha sostenuto che l’euroscetticismo inglese è un fenomeno di “falsa coscienza”, in cui l’identità e le percezioni dei cittadini britannici sono fuori sincronia con i loro reali interessi. Infine, ha tenuto a mostrare l’impossibilità delle alternative presenti nel dibattito inglese: l’abbandono dell’UE e il ritorno ad una relazione di “free trade area” con il continente.

Le spinte all’integrazione e le reticenze del governo britannico

Il discorso di Sikorski ad Oxford segue la pubblicazione di un report congiunto dei ministeri degli esteri di 10 paesi del cuore dell’UE, il “Future of Europe Group“. I sei paesi fondatori, più Austria, Danimarca, Spagna e Portogallo, chiedono “più Europa” per uscire dalla crisi, e propongono la supervisione europea dei budget nazionali, poteri di supervisione bancaria per la BCE, un Fondo Monetario Europeo per gestire i bail-out e più poteri per il Parlamento Europeo.

Allo stesso tempo, nel Regno Unito, numerosi deputati conservatori spingono perché David Cameron indica prima delle elezioni del 2015 un referendum sulle recenti proposte della Commissione, inclusi i più stretti controlli sulle politiche monetarie nell’eurozona, e l’integrazione della politica della difesa. I Tories sono anche preoccupati dall’ascesa elettorale degli euroscettici dell’UK Indipendence Party di Nigel Farage, e cercano di rincorrerli sul loro stesso terreno

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