Tra luci e ombre, la scuola politica del PD

Pubblicato il 3 Aprile 2011 alle 18:01 Autore: Matteo Patané

 

La prima vera reazione organizzata all’evoluzione della classe politica, in grado di offrire un tentativo di sintesi tra rinnovamento e competenza, è stata offerta in maniera strutturata e organica dal MoVimento 5 Stelle. Il giovane partito, ispirato dal comico genovese Beppe Grillo, ha per primo intuito nelle nuove tecnologie e nell’intelligenza distribuita la necessaria quadratura del cerchio per fornire a ciascun cittadino gli strumenti per partecipare alla vita politica. Con una concezione della partecipazione pubblica quasi come volontariato, ogni esponente del MoVimento dovrebbe essere, nelle intenzioni, immerso in una rete fittamente interconnessa formata da tutti gli aderenti, ciascuno pronto a fornire in tempi rapidi le proprie competenze su qualsiasi tema. L’esponente del MoVimento seduto in un consiglio comunale o in Parlamento altro non sarebbe, quindi, che il terminale umano di una sorta di organismo collettivo costituito dall’intera rete dei partecipanti.

Questa concezione della politica mostra naturalmente pregi e difetti: se da un lato è innegabile che consente di convogliare un gran numero di competenze ad ampio spettro in maniera quasi istantanea in ogni centro nevralgico del potere, dall’altro presuppone per essere realmente efficace una totale uniformità di opinioni all’interno del network, e costituisce forse un’esperienza alienante per l’individuo relegato al semplice ruolo di portavoce della rete alle sue spalle.

 

Soprattutto, è implicito nella concezione politica del MoVimento 5 Stelle che non sia necessaria una vera e propria formazione specifica sulla politica, sostenendo che sia invece sufficiente essere in grado di risolvere i problemi che la politica deve affrontare. Scompare quindi la figura del politico in quanto tale, dell’amministratore, sostituita nuovamente dal cittadino prestato alla politica. Rispetto al modello berlusconiano la presenza del network supplisce al problema delle competenze, riducendo di fatto a tema secondario la scelta del candidato.

 

La risposta del PD, che sarebbe facile catalogare come un semplice ritorno al passato, consiste invece – almeno nelle intenzioni – nella rivalutazione della figura del politico attraverso la formazione; essere politici, essere gestori della cosa pubblica non è e non deve essere alla portata di tutti secondo il capriccio di un leader, e la figura del politico che si batte in Aula non può essere sostituita dal semplice portavoce di un’impersonale rete di competenze.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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