Dipendenza da cellulare, un fenomeno in crescita

Pubblicato il 11 Febbraio 2013 alle 20:09 Autore: Nadia Ruggiero

Dalla tv al cellulare. Una volta era la televisione che, accesa durante i pasti, distraeva le famiglie dalla conversazione sulla giornata trascorsa dai propri membri.

Oggi è il telefono cellulare, per definizione medium “mobile”, a catturare la nostra attenzione in ogni frammento della vita quotidiana.Il “fischiettio” che annuncia l’arrivo di un sms, di una comunicazione su WhatsApp o di una email ci raggiunge istantaneamente e genera una curiosità che deve essere immediatamente soddisfatta.

Cellulare. Difficilmente riusciamo a separarcene, al punto da estrarlo frequentemente in cerca delle ultime novità o meccanicamente per semplice abitudine.

In un modo in cui non siamo ancora del tutto consapevoli, l’introduzione degli Smartphone, con la convergenza di più attività in un solo strumento, ha generato un nuovo tipo di dipendenza, classificabile tra le cosiddette “new addictions”, le “nuove dipendenze”, al pari dello shopping e del gioco d’azzardo.

Se siete tra coloro che pensano che i fenomeni di dipendenza siano esclusivamente quelli causati da una sostanza fisica o legati ad attività considerate illecite, cominciate a mettere in dubbio questa convinzione. E magari anche ad interrogarvi sul vostro personalissimo uso di questo strumento.

Quali atteggiamenti può generare il possesso del telefono cellulare e a quali funzioni assolve per l’individuo? Una serie di studi, cominciati negli anni passati e proseguiti fino ai giorni nostri, hanno cercato di rispondere a questi interrogativi.

Avete l’abitudine di controllare ripetutamente il telefono? Non siete i soli. Questo tipo di comportamento è stato definito “checking” (“controllo”): consiste nello sblocco della tastiera per verificare, nel giro di meno di trenta secondi, se ci sono aggiornamenti relativi a email, applicazioni o social network.

Effettuato nei momenti di noia, tradisce un’ossessiva “abitudine al controllo” (“checking habits”) che va a discapito dei rapporti con le persone presenti intorno a voi. Un vero e proprio “crack da telefono”, che non a caso è stato definito “crackberry” dalla storpiatura del nome dell’antesignano modello.

Se, invece, controllate continuamente di avere a portata di mano il cellulare ed entrate in ansia quando lo perdete, quando si scarica la batteria o quando non c’è rete, siete affetti da “nomophobia”, termine coniato per indicare la paura generata dall’assenza del telefono (dall’inglese no mobile phone phobia). Tipico di chi porta il telefono con sé anche in bagno. La sensazione provata, in questo caso, è paragonabile alla “tremarella” del giorno delle nozze o alla fifa per il dentista.

Del resto non c’è da sorprendersi. Lontani dai tempi in cui veniva considerato principalmente uno strumento di lavoro, il telefonino possiede una valenza affettiva, inerente la sfera individuale e relazionale.

La prima e più immediata funzione del cellulare è quella di gestire la lontananza, alleviare la solitudine che scaturisce dall’assenza di una persona cara, negando la separazione stessa.

È un tentativo di abbattere l’incertezza che deriva dalla separazione e in un certo senso ci rende incapaci di gestire e sopportare la lontananza. Viene da chiedersi come facevano i nostri nonni, quando lui partiva per la guerra e lei restava a casa ad aspettare le sue lettere.

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L'autore: Nadia Ruggiero

Di origini campane, si è specializzata in Mass Media e Comunicazione presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II e ha conseguito il master Social Media Marketing & Digital Communication alla IULM di Milano. Giornalista pubblicista iscritta all'Albo, per la testata online Termometro Politico ha inaugurato le rubriche culturali e contribuito alla redazione di numerosi articoli. Come addetta stampa ha curato una campagna di comunicazione per il lancio di un progetto musicale basato sul crowdfunding. Vive e lavora a Bologna.
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