Partito Democratico ed il coraggio per ripartire
Ecco, il momento è arrivato per provare ad applicare questi criteri anche nello specifico della politica, in particolare del Partito Democratico. Per usare una metafora sportiva (non di calcio pero) è arrivato il momento di far scendere in campo il quintetto base migliore. Nel PD e intorno al PD c’è solo l’imbarazzo della scelta se si vuole mettere in campo un team vincente. Con un coach all’altezza del livello della competizione. E’ sufficiente applicare a sé stessi quello che si predica, spesso con grande supponenza, agli altri: privilegiare merito, competenza, capacità. E abbandonare una volta per tutte la logica, deleteria, della “fedeltà” a questo o a quel “capo bastone”, il “giovane” che fa carriera non “per quello che conosce ma per chi conosce” (questa è una citazione al contrario di una delle frasi più efficaci di Matteo Renzi).
Se il PD, i suoi dirigenti in primis ma anche i suoi iscritti (sempre di meno purtroppo) sapranno guardarsi con umiltà – abbandonando la spocchia fastidiosa che li ha caratterizzati fin qui, riconoscendo gli errori ma con la consapevolezza di avere comunque un patrimonio straordinario e unico – bè, allora forse sarà la volta buona che si riuscirà a fare davvero “qualcosa per l’Italia”.
Postilla. Comunque la si guardi la competizione politica, interna ed esterna, è ancora tutta al maschile. Molto muscolare, sempre a vedere “chi ce l’ha più lungo”. Sarebbe auspicabile andare oltre “abbiamo il 40% di donne in Parlamento” (per carità, indiscutibilmente un ottimo risultato) che rischia di lasciare il tempo che trova, e cominciare a far entrare in gioco per davvero la sensibilità, l’ingegno, la capacità di mediazione propria delle donne. Sempre tenendo a mente che anche per loro vale la “selezione” di merito di cui si è detto sopra.