Nucleare: il problema delle scorie radioattive (I)
[ad]Una bomba sporca è formata da materiale radioattivo non fissile, esattamente la definizione di scoria nucleare; la diffusione nella biosfera di poche tonnellate di materiale di questo genere, con una comune bomba al tritolo, provocherebbe fallout radioattivi peggiori dell’esplosione di Chernobyl. La forte contaminazione provocata dalle armi radiologiche le rende strumenti militari di fatto inutilizzabili quando si desidera conquistare un determinato territorio, ma in caso di guerra asimmetrica – terrorismo – la minaccia è evidente.
Ma quante sono esattamente le scorie? Nel mondo vi sono attualmente, secondo il report della World Nuclear Association aggiornato ad aprile 2011, 439 centrali nucleari operative, per una potenza elettrica complessiva di circa 375 GW ed un’energia complessiva di 2.560 TWh. Il burnup delle centrali nucleari è passato dai 30 GWd/t degli stabilimenti di I generazione, ai circa 45 GWd/t di quelli di II per arrivare ai 65 GWd/t dei reattori di III generazione. Questo significa, ad esempio, che da una tonnellata di uranio è possibile produrre fino a 65 GWd di energia elettrica, utilizzando un reattore di III generazione. Valori più alti di burnup implicano un uso più efficiente del combustibile nucleare, ma al tempo stesso una radiotossicità ed una pericolosità maggiore delle scorie.
Grazie al valore del burnup è possibile capire la quantità di combustibile nucleare utilizzata, ovvero la quantità di scorie radioattive poi prodotte: supponendo un bruciamento medio di 45 GWd/t per le centrali nel mondo, un rendimento del 35% ed un valore costante per il 2011, si ricava facilmente per l’anno in corso:
2.560 TWhe / 35% = 7.314 TWht
7.314 TWht / 45 GWd/t = 304.761 GWdt / 45 GWd/t = 6.772 t
In un anno, quindi, verranno prodotte oltre 6.700 tonnellate di combustibile esausto in forma di scorie, che si accumulano a tutta la produzione elettrica degli anni precedenti. Stime non ufficiali, basate tanto sui report del WNA quanto su estrapolazioni matematiche, parlano di cifre poco inferiori alle 200.000 tonnellate di materiale esausto da stoccare.
Il problema delle scorie nucleari è quindi da considerare nel seguente modo: come smaltire oltre 6.500 tonnellate annue di materiale tossico (131I, 90Sr e gli isotopi di uranio e plutonio sono considerati elementi di massima cancerogenicità secondo l’IARC) altamente radioattivo, per di più con un un pregresso di 200.000 tonnellate, la cui pericolosità resta invariata per tempi geologici, evitando che tali scorie contaminino l’ambiente e non cadano in mano a malintenzionati disposti a farne un uso militare o terroristico? Quali depositi ingegneristici o geologici possono offrire le necessarie garanzie?
Nella seconda parte dell’articolo verranno presi in esame i principali tentativi di stoccaggio intrapresi nel mondo, con un occhio di riguardo alla loro implementabilità sul suolo italiano nel caso in cui il nostro Paese tornasse a diventare un produttore di energia atomica.