Il voto in Islanda, il dibattito politico in Norvegia e Finlandia

Pubblicato il 2 Maggio 2013 alle 13:30 Autore: Antonio Scafati

Problemi ce li ha pure il governo finlandese. Gli ultimi sondaggi hanno messo di malumore più di qualcuno, a Helsinki. Il Partito di Coalizione Nazionale del premier Katainen è stato  scavalcato dal Partito di Centro ed è braccato dai Veri Finlandesi, vale a dire i due partiti di opposizione. Non è un dramma, dice Katainen; ma il partito deve fare una seria riflessione, aggiunge. Per il primo ministro queste sono settimane da superare in fretta.

Qualche giorno fa Katainen s’era sfogato nel corso di una intervista: “Le difficoltà che ci sono state all’interno del governo per arrivare a delle decisioni alla fine hanno offuscato le decisioni stesse” ha affermato. Poi sono arrivati i sondaggi, che Katainen ha letto proprio alla luce delle complicate settimane vissute dalla coalizione che guida. Ma per ora non sono in agenda interventi, né ci sarà un rimpasto di governo come chiesto dalla seconda forza dell’esecutivo, i socialdemocratici.

Molto più politico è il dibattito in Norvegia, dove tutti i partiti restano concentrati sull’appuntamento elettorale d’autunno. E anche i discorsi che sono rimbalzati ieri in giro per il paese, in occasione della festa dei lavoratori, sembravano scritti con un occhio al voto del prossimo 9 settembre. Ma questi a Oslo sono stati i giorni del Partito Popolare Cristiano che ha minacciato di sedere all’opposizione nel caso in cui Destra e Partito del Progresso siano in grado di formare da soli un nuovo governo. Non tutti nel partito sono su questa lunghezza d’onda, ma NRK ha sottolineato lo stesso come sia appeso a un filo il progetto di dar vita a un esecutivo che raggruppi i quattro partiti di centrodestra, così come auspicato dalla leader della Destra, Erna Solberg.

Knut Arild Hareide

Knut Arild Hareide, leader del Partito Popolare Cristiano norvegese

Non solo: Knut Arild Hareide, giovane leader del Partito Popolare Cristiano, ha affermato che se il suo partito dovesse comunque far parte dell’esecutivo, lui non intende essere ministro. Al primo posto, dice, c’è l’interesse del partito. Dietro queste dichiarazioni c’è calcolo politico. Gli ultimi sondaggi lasciano pensare che Destra e Partito del Progresso possano da soli arrivare alla maggioranza dei seggi. E se non dovessero farcela sarà comunque per pochissimo. A cosa servirebbero due alleati minori, a quel punto? Che impatto avrebbero sulle politiche governative? A chiederselo solo proprio i due piccoli partiti che in quel governo potrebbero entrarci, i Liberali e il Partito Popolare Cristiano. Il rischio è quello di fare la fine del Partito di Centro e del Partito della Sinistra Socialista, destinati nel voto di autunno a pagare caro gli otto anni di governo insieme ai laburisti. Una fine che liberali e cristiano popolari non vogliono proprio fare.

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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