Sentenza Ruby, nessun rischio per il Governo. Per ora

Pubblicato il 26 Giugno 2013 alle 15:37 Autore: Gabriele Maestri

Il 533 fa sempre male, a chiunque tocchi. Per i non giuristi, si tratta dell’articolo del codice di procedura penale in base al quale un qualunque giudice di questo paese condanna un imputato qualunque, a prescindere dal nome che porta e dal ruolo che ha nella società. Avrà fatto male, dunque – non c’è da stupirsi – anche a Silvio Berlusconi, dopo la sentenza emessa lunedì pomeriggio in primo grado dal Tribunale di Milano. Questo intervento non ha minimamente lo scopo di commentare quella sentenza (non sarebbe educato farlo e, soprattutto, sarebbe poco saggio, non disponendo ancora delle motivazioni dei giudici); è più che lecito, invece, chiedersi se la condanna rischi di colpire anche il “governo di servizio” guidato da Enrico Letta oppure se la sopravvivenza dell’esecutivo sia al sicuro.

Prima di tutto, una riflessione giuridica è d’obbligo, visto che le urla di giubilo da una parte e quelle di indignazione e rabbia dall’altra stanno facendo passare in secondo piano un “dettaglio” non trascurabile: trattandosi di sentenza non definitiva (dunque non irrevocabile), la condanna non è esecutiva, cosa che vale tanto per la pena detentiva (che comunque Berlusconi non potrebbe scontare in carcere, vista l’età), quanto soprattutto per la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Chiunque avesse stappato una bottiglia o si fosse stracciato le vesti pensando di non poter più vedere Berlusconi candidato a qualunque tipo di elezione, si (ri)guardi l’articolo 650 del codice di procedura penale e si calmi; ciò detto, torniamo ai riflessi politici della sentenza.

Le cronache delle ultime 36 ore ci consegnano un Pdl iracondo, soprattutto per mano degli esponenti qualificabili come “falchi”; nulla di più o di diverso rispetto a quanto è accaduto in questi anni. Il punto è capire se questo avvenimento, unito alla decisione della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzioni a proposito del legittimo impedimento e (forse) alla sentenza della Cassazione sul risarcimento legato alla vicenda “lodo Mondadori”, provocherà sconquassi nel governo o addirittura la sua fine decisamente prematura nel giro di poche settimane. Quest’ultima eventualità, a dire il vero, sembra la meno probabile: in fondo, nessuno ha chiesto di staccare la spina ora all’esecutivo di Letta (l’hanno solo paventato da sinistra), anche perché una vera convenienza a votare ora non c’è. Certo, il Pdl potrebbe fare leva sull’effetto “persecuzione”, sperando di trasformare in consenso i numerosi eventi negativi sul fronte giudiziario: negli anni, del resto è già accaduto. Lo stesso partito tuttavia non avrà dimenticato i risultati delle ultime elezioni amministrative (pur con tutte le preoccupazioni con cui vanno considerati) e non è affatto detto che ci sia la voglia di affrontare un’altra campagna elettorale (costi compresi, un argomento che nessuna forza politica ora può permettersi di sottovalutare).

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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