OccupyPD: intervista a Elly Schlein

Pubblicato il 20 Agosto 2013 alle 18:10 Autore: Matteo Patané

Ventotto anni, videomaker, una straordinaria esperienza a Chicago nelle fasi finali della campagna elettorale di Obama, l’impegno nella campagna congressuale a favore di Pippo Civati, anima bolognese di OccupyPD (ruolo che le è già valso la partecipazione ad alcune trasmissioni televisive, tra cui Z a fine aprile e Piazza Pulita in maggio e in giugno): l’italo-americana Elly Schlein è oggi uno dei volti più in vista della next generation del Partito Democratico.

Elly, le cause che hanno portato alla nascita di OccupyPD sono note a tutti, ma vuoi raccontarci invece in che modo OccupyPD ha costruito la sua struttura ed è diventato un movimento organizzato?

In realtà OccupyPD continua a non essere un movimento strutturato. Abbiamo detto sin da principio che, facendo una battaglia contro le correnti, di certo non avremmo voluto diventare una nuova corrente anche noi. All’inizio ci siamo organizzati come potevamo: un hashtag, qualche gruppo su Facebook, a volte siamo stati invitati in televisione e di quelle occasioni, paradossalmente, abbiamo approfittato per conoscerci, fare rete, organizzarci. Ancora oggi la mobilitazione mantiene quel carattere di spontaneità che è stata la forza iniziale, quella delle occupazioni nei giorni dell’elezione del Presidente della Repubblica: ci sentiamo e confrontiamo costantemente, anche tra le varie realtà territoriali, e ci organizziamo di volta in volta a seconda della situazione.

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Elly Schlein

Puoi tracciare un identikit dei partecipanti di OccupyPD? Chi si dimostra più sensibile alle vostre istanze e dove invece incontrate le maggiori resistenze?
Tracciare un “identikit” è impossibile perché proveniamo tutti dalle realtà territoriali, dalle sensibilità e dalle storie più diverse. Contrariamente a quanto pensano alcuni, ad esempio, non siamo tutti giovani. Del resto l’abbiamo sempre detto che non si tratta di una battaglia di età, ma di mentalità. Detto ciò, è vero che perlopiù siamo giovani tra i 20 e i 30, e, se vogliamo trovare un tratto che accomuni tutti fuori dalle consuete etichette, semplicemente frustrati e delusi da questo PD. E che ora, insieme, sognano di ricostruire uno spazio di centrosinistra vero e alternativo, che sia in grado di ascoltare davvero gli iscritti e gli elettori e di fare elaborazione politica per il paese, un partito che metta in rete le migliori esperienze e conoscenze che ci sono già, dentro e fuori dal PD, e che faccia una cosa che non gli abbiamo mai visto realmente fare: vincere. La cosa straordinaria è che, se le prime occupazioni sono state lanciate soprattutto da giovani democratici, da quando abbiamo cominciato ad organizzarci in rete in OccupyPD si trova di tutto, e siamo stati inondati di messaggi di sostegno da dentro e fuori il PD. Da iscritti che hanno alle spalle trent’anni di militanza e che ci affidano la loro delusione e l’ultima speranza, ad elettori che hanno smesso di votarci e che ci dicono “andate avanti, perché questa è una battaglia di tutti, e non vediamo l’ora di avere un buon motivo per votare il PD”. Le maggiori resistenze non le incontriamo dentro al partito, dove, soprattutto girando le numerose feste dell’unità, incontriamo iscritti ed elettori di ogni età che la pensano come noi. Le incontriamo fuori, in chi è già rimasto scottato e passa il tempo a spiegarci che non ce la faremo mai, che le cose non cambieranno mai, che il PD è già morto. Non è così, si può cambiare eccome. Basterebbe investire nel cambiamento la stessa energia che si spende a lamentarsi. Quindi dipende solo da noi, tutti insieme.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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