Carrozza: “Facilitare donazioni di Pc alle scuole”

Pubblicato il 29 Agosto 2013 alle 18:34 Autore: Gabriele Maestri

Ora che anche quei canali sembrano essersi inariditi – la crisi si fa sentire soprattutto lì – le scuole non cessano di battere quelle strade, ma iniziano a rivolgersi all’unica altra fonte rimasta, la stessa che paga le tasse di iscrizione a inizio anno: le famiglie degli studenti.

Certamente non è affatto scontato che l’appello trovi qualcuno disposto a raccoglierlo: le famiglie sono spesso in difficoltà (e, se devono acquistare un computer, magari lo tengono a casa, se non ne hanno uno).

Le agevolazioni di cui parla la Carrozza dovrebbero essere soprattutto burocratiche (per non creare problemi alla scuola che accetta una donazione) e, magari, economiche (riconoscendo, ad esempio, piccoli incentivi o sgravi a chi dona uno strumento), per convincere qualche famiglia in più ad aprire il portafogli per donare qualcosa che servirà alla scuola anche dopo che i figli avranno finito i loro studi.

L’agenda digitale ricordata dal ministro potrebbe consentire altri traguardi (è sempre la Carrozza, ad esempio, ad accogliere l’idea di “stimolare l’utilizzo di software aperti”), ma certamente va perseguita con strumenti idonei: “Si dovrebbero donare anche computer NUOVI o semi NUOVI e non vecchi, la scuola non è una discarica” mette in guarda la titolare dell’istruzione, magari stoppando sul nascere le velleità di qualche azienda o famiglia, pronta a rifilare a qualche istituto catorci informatici vecchi di una decina di anni, dopo aver rinnovato le proprie macchine, magari facendo anche la figura del benefattore.

L’idea della Carrozza non accontenta tutti: per Alesssandro Capocchi (Direttore Scientifico Fondazione Campus), “il tema è incentivare le imprese a avere rapporti con le scuole come accade in altri Paesi: basterebbe la leva fiscale. Mi sono occupato a lungo di eGov – cinguetta su Twitter, rispondendo direttamente al ministro – e le garantisco che oltre agli strumenti è necessario alfabetizzare gli insegnanti e non solo”.

Il problema sollevato da Capocchi, in effetti, è reale: non sono pochi gli insegnanti che, a tutt’oggi, hanno bisogno di un aggiornamento informatico, a volte perfino di nozioni di base (e si vergognano, magari, di chiedere aiuto a colleghi, compagni, consorti e figli).  Se il computer è nuovo, ma chi dovrebbe insegnarlo non lo sa usare a dovere (o continua a insegnare programmi magari utili per la logica, ma poco presenti nella vita quotidiana), rischia di rimanere spento e, magari, di prendere polvere.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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