Riforme, è bagarre M5S-Boldrini a Montecitorio

Pubblicato il 10 Settembre 2013 alle 18:43 Autore: Gabriele Maestri

“Quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dai tetti”. Magari i deputati del MoVimento 5 Stelle non si saranno ispirati al Vangelo di Matteo, ma loro sul tetto di Montecitorio ci sono stati (e ci hanno pure dormito), per far conoscere a un’ampia platea la forzatura della Costituzione che, a loro dire, starebbe nel disegno di legge costituzionale in esame alla Camera.

Illudersi che, una volta scesi loro dal tetto, tutto sarebbe tornato normale era una pia illusione, dovendo invece essere pronti a nuovi e più ordinari colpi di teatro.

m5s tetto camera

E dire che la seduta pomeridiana di oggi alla Camera prometteva bene fin dall’inizio. Da quando, cioè, i deputati del M5S hanno atteso che si arrivasse vicini al voto finale sul disegno di legge in questione, per far materializzare in un attimo manifestini tricolori, con tanto di scritta “No deroga art. 138”: una scena già vista tante altre volte, specie da Tangentopoli in poi (cambia solo il contenuto dei fogli, ma di carta se ne usa sempre tanta), ma di sicuro impatto visivo.

Non poteva non notare lo spettacolo la presidente Laura Boldrini, che difatti è intervenuta subito: “Avete già dimostrato il vostro dissenso” ha detto nel richiamare i deputati, mentre ha chiesto ai questori e ai commessi di intervenire per far rimuovere quegli insoliti tocchi di colore per l’aula. I commessi hanno prontamente eseguito, senza poter ottenere però che le mani dei cittadini parlamentari si abbassassero.

A Dio piacendo, il voto si è compiuto, ma di micce pronte a esplodere ce n’era almeno un’altra, a forma di maglietta. Quella t-shirt con lo slogan “La Costituzione è di tutti” con cui i deputati stellati hanno occupato il tetto di Montecitorio e che hanno indossato anche ieri, sotto gli sguardi perplessi e rassegnati dei commessi, celandola parzialmente sotto le giacche (obbligatorie per gli uomini).

Il problema è che quella maglietta la indossava una donna che cercava di assistere alla seduta dalle tribune, ma i commessi sono stati inflessibili, probabilmente dicendole che quell’indumento costituiva un “segno di approvazione” o una potenziale fonte di turbamento dell’ordine, comportamenti vietati dall’art. 64 del Regolamento della Camera. La notizia, magari attraverso un “pizzino” o un assistente solerte, è arrivata in aula al deputato stellato Giuseppe D’Ambrosio che ha subito chiesto conto alla presidente.

“La Costituzione è forse il simbolo di un gruppo?” ha domandato il cittadino, ricevendo pronta risposta: “Quello slogan è stato fatto proprio da un gruppo parlamentare”, parole con cui Laura Boldrini ha approvato il comportamento dei commessi.

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L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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