Bossi: “Berlusconi? La gente lo voterà comunque”

Pubblicato il 13 Settembre 2013 alle 13:14 Autore: Gabriele Maestri
bossi sondaggi

Certi riti non vengono dismessi: continuano anche quando, magari, perdono un po’ di smalto, dopo tanti anni e con tutto quello che è accaduto nel mezzo. Vale anche, per esempio, per la cerimonia dell’ampolla che domani Umberto Bossi si appresta a rinnovare al Po.

Non è più il capo della Lega, anche se ne resta l’icona nel suo ruolo di presidente. Un destino simile a quello che potrebbe avere Silvio Berlusconi, anche in mancanza di candidature esplicite. Perché “Uno come lui è capace di candidarsi anche non candidandosi”.

Miracoli di Silvio, almeno secondo l’amico Bossi (che, a scorrere le cronache politiche, non gli è stato sempre esattamente fedele, vedi alle voci “Ribaltone” e “Berluskaiser”) che racconta il suo incontro telefonico con il Cavaliere e non solo a Michele Brambilla della Stampa.

Umberto Bossi

“L’ho sentito due settimane fa – racconta il Senatùr nell’intervista – . Ha dentro una grande rabbia. È il primo contribuente italiano e l’hanno condannato per non aver pagato le tasse. È assurdo. Berlusconi è stato perseguitato. Ma la gente, nella sua semplicità, l’ha capito“. La stessa gente che “i voti glieli darà comunque, non crede più ai giudici”.

Bossi parla da persona che ha potuto contare anche sulla vicinanza di Berlusconi nei momenti più duri per lui l’anno scorso, tra cerchi magici infranti, guai legati al figlio Renzo e altre vicende antipatiche. “Avrà fatto anche qualche errore – spiega ora l’anziano leader leghista – ma lo considero una persona perbene. Non posso parlare male di lui. Ho fatto la Bossi-Fini, ho fatto il federalismo fiscale, e i voti me li ha dati Berlusconi. Se non altro, lui è un uomo che mantiene la parola».

Non sono esattamente le stesse parole riservate a chi lo ha sostituito alla segreteria del Carroccio, Roberto Maroni: “Vuol fare la macroregione ma non andrà da nessuna parte. Doveva fare una catena umana da Torino a Venezia: allora sì che avrebbe fatto tutte le macroregioni che voleva. Era un modo per parlare con la gente. Le cose non si possono fare a tavolino, ci vuole il contatto diretto con i cittadini, bisogna scaldare gli animi».

Anche a Flavio Tosi, che a Maroni è molto vicino, non riserva un trattamento cortese: “L’ho sentito l’altro giorno, era sulla macchina della polizia. Ho visto che ha esaltato il matrimonio fra omosessuali: sono cose contrarie al sentimento della gente. Meno male che va
via dalla Lega. Vada a fare danni altrove”. Non fosse stato chiaro, Bossi precisa che il Veneto, Tosi, l’ha rovinato: “Ha buttato fuori dalla Lega tutti quelli che non erano del suo gruppetto. Si è vendicato perché diceva che lo avevano fischiato a Pontida: cose del genere ai miei tempi non sarebbero mai successe”.

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L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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