Perché è il momento del Pd

Pubblicato il 1 Ottobre 2013 alle 11:26 Autore: Livio Ricciardelli

Se il centrodestra sceglie la strada dell’isolamento toccherà al centrosinistra sfruttare le praterie lasciate indifese dal fronte berlusconiano, non ponendosi troppi problemi di carattere ideologico ma, all’insegna di un sano pragmatismo, accreditandosi come vera e propria “forza della nazione” in grado di rappresentare anche istanze del tutto plurali o diverse tra loro in frangenti storici complessi.

Senza voler compromettere un impianto di tipo bipolare, motivazione per cui è nato lo stesso partito, il Pd dovrebbe candidarsi ad essere il partito “maggioritario” del sistema nonché la sua stessa costante. All’insegna di un approccio che metta al centro il rispetto dell’impianto costituzionale italiano che altre forze politiche, radicalizzandosi e quindi perdendo seguito, intendono mettere in discussione.

Una forza politica di centrosinistra ma che, per paradosso, mette al secondo posto la sua collocazione nel sistema per candidarsi a rappresentare tutte le istanze presenti nel paese. Il partito della nazione, appunto. Una scelta forse anche obbligata e per certi versi non troppo dissimile dall’approccio “turiamoci il naso, votiamo Dc”. Ma che, a differenza della Prima Repubblica, trae la sua legittimità dal voto e da un assetto di tipo bipolare.

Matteo Renzi, probabile futuro leader del Pd

Matteo Renzi, probabile futuro leader del Pd

In uno scenario di questo tipo, a maggior ragione con un PdL sempre più consapevole dell’ineluttabilità del proprio leader, il Pd potrebbe svolgere quel ruolo che per decenni hanno svolto il fronte gollista e pompidouiano in Francia (sul lato destro), il Partito Rivoluzionario Istituzionale in Messico (sul fronte “centrista”) e il Partito Repubblicano del Popolo in Turchia (sul lato sinistro).

Ma il primo interesse è la rappresentanza dei cittadini tutti e del paese. Attraverso uno strumento: la difesa dell’impianto della carta costituzionale del 1948. Il tutto all’insegna di un approccio di tipo riformista che, come insegnano anche le ultime elezioni politiche col minimo storico registrato dal partito, rappresenta l’unica opzione a scapito di una sinistra “d’antan” in grado di rappresentare molto spesso solo interessi già consolidati (ergo a difesa di ceti “privilegiati”, minoritari e del tutto massimalisti.

Un partito dunque che sì ha una collocazione, che sì lotta per la contendibilità della leadership del paese ma che poi è in grado di governare per lunghe stagioni politiche. Proprio perché rappresenta “semplicemente” la democrazia. Proprio perché rappresenta semplicemente l’Italia e il suo profondo spirito. Al riparo di qualsiasi tipo di estremismo.

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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