Papa Francesco a Scalfari: “Il vero dramma? I giovani disoccupati e i vecchi soli”

Pubblicato il 1 Ottobre 2013 alle 15:59 Autore: Gabriele Maestri

Quasi si confessa, Francesco, nel dire che adora i mistici ma ritiene (in sintonia con Scalfari) di non esserlo.

“Il mistico riesce a spogliarsi del fare, degli obiettivi e perfino della pastoralità missionaria e s’innalza fino a raggiungere la comunione con le Beatitudini. Mi è capitato raramente, per esempio quando il Conclave mi elesse Papa” spiega Bergoglio, raccontando i minuti che precedettero l’Habemus Papam.

La conversazione vira spesso su temi teologici, compreso uno scambio di battute parlando di sant’Agostino: “La grazia è la quantità di luce che abbiamo nell’anima, non di sapienza né di ragione. Anche lei, a sua totale insaputa, potrebbe essere toccato dalla grazia. La grazia riguarda l’anima. Non ci crede ma ce l’ha“, ha assicurato al suo incredulo interlocutore.

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Anche la scelta del nome, Francesco, del tutto inedito per un papa, viene analizzata con cura: “Francesco voleva missionari in cerca di incontrare, ascoltare, dialogare, aiutare, diffondere fede e amore. E vagheggiava una Chiesa povera che si prendesse cura degli altri, ricevesse aiuto materiale e lo utilizzasse per sostenere gli altri, con nessuna preoccupazione di se stessa. Sono passati 800 anni da allora e i tempi sono molto cambiati, ma l’ideale d’una Chiesa missionaria e povera rimane più che valido“.

In questo, il passo ai problemi concreti è breve: “L’egoismo è aumentato e l’amore verso gli altri diminuito“. In questa diagnosi lapidaria c’è tutto il dramma dell’oggi, compresi quelli che per Francesco sono i mali più gravi: la disoccupazione dei giovani e la solitudine degli anziani. “I vecchi hanno bisogno di cure e di compagnia; i giovani di lavoro e di speranza, ma non hanno né l’uno né l’altra, e non li cercano più. Sono schiacciati sul presente. Si può vivere senza memoria del passato e senza il desiderio di proiettarsi nel futuro?” E’ un problema di Stati, partiti e sindacati, “ma riguarda anche e soprattutto la Chiesa, questa situazione ferisce i corpi e le anime. La Chiesa deve sentirsi responsabile di entrambe, è consapevole di questo problema, ma non abbastanza” .

“Includere gli esclusi e predicare la pace”: è il programma di Bergoglio, che lui stesso condensa il poche parole; ammette che sulla strada del dialogo coi non credenti dopo il concilio Vaticano II si è  fatto molto poco, ma precisa “Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare”. Ciò unitamente a una riforma della Chiesa dall’interno, che le dia un’organizzazione “non soltanto verticistica ma anche orizzontale”, citando il cardinale Carlo Maria Martini, gesuita come lui: “Sapeva benissimo come fosse lunga e difficile la strada da percorrere in quella direzione. Con prudenza, ma fermezza e tenacia”.

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L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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