Civati lancia la sua candidatura: “Serve alleanza da Prodi a Rodotà”

Pubblicato il 25 Ottobre 2013 alle 15:02 Autore: Daniele Errera

“I dirigenti si sostituiscono sostituendoli. E se non hai vinto coi titolari è difficile vincere con le riserve. Bisogna provare a cambiare gioco, cambiare squadra”. Parte duramente, ma anche con una forte carica umana, Pippo Civati alla presentazione della sua candidatura, ieri, presso il teatro Vittoria di Roma. Cerca, e riesce, di trasmettere una grande passione politica ai suoi sostenitori: “cambiare vuol dire avere costanza, che non significa pazienza insofferente di accettare tutto quello che succede. Significa insistere per le cose che crediamo, come dice Fabrizio Barca”.

E’ il Civati con un background di sinistra quello che parla al Teatro Vittoria: “cambiare significa anche non essere popolari. Parliamo di carceri, di stranieri e di poveri. Non bisogna piacere a tutti come ha provato lungamente Berlusconi. Bisogna piacere a qualcuno e saperlo rappresentare”. Quasi un ritorno al passato, quello di rappresentare la fascia della popolazione che ha di meno. Ma ovviamente declinato nel nuovo millennio e quindi lasciandosi alle spalle il ventesimo secolo. Serve quindi un “progetto di cambiamento” che riporti i quattro milioni di votanti, persi tra 2008 e 2013 verso altre formazioni politiche, alla preferenza originaria, cioè al Pd . “E’ un partito intero che non ci vota più. E’ incredibile che un partito come il nostro non abbia ancora discusso sul perché di questa fuga di voti”. Si rivolge poi, criticando ancora le scelte dell’apparato democratico, a Vendola, leader di Sel: “Nichi, fratello mio, dove ti abbiamo lasciato?”. E’ l’ulteriore conferma dell’attaccamento di Civati all’alleanza elettorale Pd-Sel e la repulsione verso le larghe intese. Per questo, spiega, è necessario ricomporre ” l’alleanza con Sel firmata prima delle elezioni e che è stata distrutta con le grandi intese. Voglio un centro sinistra – continua il candidato alla segreteria – che vada da Prodi a Rodotà“.

In una sala dove sono presenti molti volti noti, da Walter Tocci (che insieme a Elly Schlein ed Andrea Ranieri è intervenuto per un endorsement pro candidato di Monza) a Laura Puppato, da Corradino Mineo a Felice Casson, definiti dall’ex consigliere regionale lombardo “pochissimi ma ottimi”, Civati attacca anche i compagni di partito e colleghi candidati, caricando su Renzi: “quando dice di voler cambiare verso non spiega con quale parte politica vorrebbe farlo”. Vi è, tra le righe e senza esplicitarlo, un richiamo a Cuperlo: “scoprire chi sono i 101 e denunciarlo. Capisco che gli altri non ne parlano. Non deve essere facile per loro parlarne per tanti motivi, però se non ne hai di 101 con te è molto meglio, ed io posso garantirlo a tutti voi che con me non ce ne è neanche uno”. Continua sull’ala moderata del partito: “molti sono scivolati verso destra. Siamo nell’indistinzione. Correnti che si intersecano : una cosa da National Geographic”. Poi pone agli altri tre candidati una questione su cui si è sempre contraddistinto dalla stragrande maggioranza dei parlamentari democratici: le larghe intese. “Quanto devono durare per voi? Fino al 2016? Prima cambiare la Costituzione? Solo la legge elettorale e la legge di stabilità?” Civati qui, invece, è chiaro: “con noi le larghe intese non andrebbero molto avanti e cambierebbe tutto il gruppo dirigente”

Parla poi di come il Pd abbia dimenticato il paese e, di conseguenza, si sia fatto spazzare via dal vento di febbraio 2013 (il M5S ed il ritorno di Berlusconi): “se non capisci il nord, dimentichi il sud, ‘insegui’ il centro” e poi “metti contro giovani ed anziani, se sei maschio e maschilista e ci si imbarazza a parlare di omofobia” non si va da nessuna parte.

Descrive quindi il Partito Democratico che sogna, anzi, “sogniamo: coi circoli coinvolti, con le persone che possono iscriversi di persona e non col vecchio metodo delle tessere ‘prepagate’. Con persone che discutono e che sono informate delle cose di cui si discute a Roma. Con persone che possono discutere coi dirigenti e parlamentari e che possono comprendere il mondo: oggi siamo riparati nel provincialismo micidiale”.

civati

Infine conclude con un inusuale impegno: “mia figlia quando potrà non mi voterà perché Pippo Civati non sarà più candidato. Non voglio perpetuare la mia carriera per sempre. Non diventerò direttore di una Asl. Cercherò un lavoro”. Ed alla fine un appello: “pensiamo a quello che succederà tra diciotto, venti, trenta anni, perché è ai nostri figli che dobbiamo consegnare il mondo ed è per questo motivo che mi candido io e vi candidate tutti voi alla guida del più grande partito del centro sinistra”.

L'autore: Daniele Errera

Nato a Roma classe 1989. Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali con la tesi "Dal Pds al Pd: evoluzione dell'organizzazione interna". Appassionato di politica, ha ricoperto vari ruoli nel Partito Democratico e nei Giovani Democratici. E' attivo nell'associazionismo territoriale.
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