Navigando Lo Spread

Pubblicato il 31 Luglio 2011 alle 09:48 Autore: Lorenzo Newman

Spieghiamo cosa misura lo spread e guardiamo il suo recente andamento a confronto con variabili economiche e politiche

spread torna sotto i 200 punti

Anche in Italia, come già da un pò di tempo negli altri paesi PIIGS, iniziamo a sentire parlare di spread quotidianamente. Spieghiamo cosa indica e perché non è una misura della speculazione nei nostri confronti. Non è nemmeno propriamente un indicatore di performance economica, bensì una misura della fiducia nel nostro intero sistema politico.

Istruzioni per l’uso

Lo spread è il differenziale tra la rendita percepita su un Bund tedesco e un BTP Italiano a maturazione di 10 anni. È una misura relativa. Non si tratta dell’interesse sul nostro debito, ma piuttosto di un confronto con quelli della Germania.

Gli investitori chiedono tassi bassi sui bond tedeschi perché le probabilità di un default sono da sempre remotissime. Al contrario, con la crescente possibilità di un default italiano gli investitori chiedono tassi sempre più alti. In questo senso lo spread è la differenza nella probabilità di default.

Si usa la Germania come termine di paragone perché è l’Economia più grande dell’Eurozona ed il suo debito è considerato il più solido. Ha dunque i tassi d’interesse più costantemente bassi del continente.

Vi è anche una ragione più tecnica per questo. La politica monetaria della Banca Centrale Europea è mirata a garantire una bassa inflazione in media a tutta l’Eurozona. La Germania ha un peso economico abbastanza grande da essere il punto di riferimento Europeo e dunque gode di una politica monetaria più ad hoc rispetto agli altri paesi membri. Non a caso la BCE ha sede a Francoforte.

L’ottimalità di questa politica monetaria ai bisogni tedeschi è dunque un ulteriore motivo di solidità dei tassi del Bund.

Speculazione, perché no?

Alla chiusura di venerdì 29 luglio lo spread italiano era di 3.32%, molto inferiore a quello greco o spagnolo ma comunque significativo. Soprattutto è un aumento notevole rispetto all’1% circa a cui c’eravamo abituati fino all’anno scorso. 3.32% di differenziale è un numero costoso! Per l’Economist ogni punto di percentuale di interesse sul debito italiano aumenta il nostro disavanzo di circa 12 milliardi di Euro annui.

Da qui la paura che lo spread non sia solo uno specchio della solidità del nostro debito ma anche la causa del suo gonfiarsi. Vi è infatti la possibilità che chiedendo rendite sempre più alte sui BTP si giunga ad un inasprimento della nostra posizione rispetto ai creditori e dunque ad un ulteriore innalzamento dei tassi e quindi dello spread. È proprio qui che nasce il timore di un attacco speculativo.

Lo spread italiano è aumentato notevolmente soprattutto durante queste ultime settimane, dal 1.83% del primo del mese al 3.32% di venerdì. Perché? Due cose fanno pensare che non si tratti di speculazione ma di sfiducia da parte dei mercati: la natura del finanziamento del nostro debito e la natura delle vendite dei BTP viste sui mercati.

L’attacco speculativo è più probabile in paesi come la Grecia dove la maturazione del debito è più prossima, dove vi è un disavanzo primario e dove la necessità di finanziarsi è più frequente. Non contano, infatti, i tassi citati ogni ogni giorno sui mercati ma quelli che dominano quando effettivamente c’è un’asta.

L’Italia non è in questa situazione. Sebbene il nostro debito sia il terzo al mondo, non necessita di un finanziamento continuo. Dunque le aste sono meno frequenti rispetto ad altri paesi. I nostri bond maturano in media tra 7 anni. Va notato che allo schizzare dello spread nei giorni della finanziaria a quasi 3.5% abbia seguito un’asta ad un più ragionevole 2.9%.

Tuttavia, ogni giornale Italiano, e quasi ogni commentatore istituzionale, non ha esitato a descrivere gli eventi delle ultime settimane come un attacco speculativo. Secondo molti esponenti del governo, non esistono le condizioni macroeconomiche per un default italiano. L’improvviso innalzarsi dei tassi italiani rispetto a quelli tedeschi che si è visto soprattutto il 7 e l’8 luglio sarebbe invece dovuto alla volontà degli investitori di innescare anche in Italia il meccanismo vizioso sopra descritto di gioco al ribasso.

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L'autore: Lorenzo Newman

Patito di policy. Nasce a Roma nel 1988. Laurea in Economia e Scienze Politiche al Trinity College di Dublino. Attualmente sta conseguendo un Master in Economia dello Sviluppo alla London School of Economics. Ama follemente la Roma e le donne in politica.
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