Petrolio, il disastro dell’Amazzonia

Pubblicato il 24 Settembre 2013 alle 14:30 Autore: Giacomo Morabito

Il Presidente dell’Ecuador Rafael Correa ha lanciato un appello al boicottaggio mondiale della compagnia petrolifera statunitense Chevron Corporation, accusata di aver inquinato la provincia ecuadoriana di Sucumbíos.

La Chevron non ha mai operato direttamente in Ecuador, ma ha ereditato la causa per inquinamento dalla Texas Company (meglio nota come Texaco) a seguito della fusione avvenuta nel 2001.

Dagli anni Sessanta, la Texaco ha svolto le proprie attività di estrazione e produzione del petrolio nell’Amazzonia ecuadoriana, provocando però gravi danni ambientali e un incremento delle malformazioni e dei tumori fra gli abitanti della zona. La Texaco ha terminato le proprie attività in Ecuador durante i primi anni Novanta, e sebbene le conseguenze a livello ambientale fossero state disastrose, la multinazionale texana ha rifiutato di rivendicare le proprie responsabilità a tal riguardo.

Altrettanto ha fatto la Chevron, sostenendo che le responsabilità di tale inquinamento spetterebbero semmai alla compagnia petrolifera locale Petroecuador. D’altra parte, il presidente ecuadoriano si è impegnato in una campagna mediatica efficace, denominata “La mano sporca di Chevron”, immergendo la propria mano all’interno di una pozza di petrolio della provincia contaminata e mostrandola, sporca di greggio, in seguito alle telecamere.

La controversia fra il governo ecuadoriano e la compagnia petrolifera è stata discussa anche presso le sedi dell’ONU: infatti, in occasione della 68ᵃ Assemblea Generale dell’ONU, l’attuale ministro degli Affari Esteri dell’Ecuador Ricardo Patiño ha denunciato i fatti in questione, rilevando che la Chevron abbia annunciato di rifiutarsi di pagare l’ingente risarcimento (circa 20 miliardi di dollari statunitensi) agli abitanti dei villaggi dell’Amazzonia, come sentenziato dalla Corte di Giustizia della provincia di Sucumbíos, decisione contro la quale la compagnia petrolifera ha già fatto ricorso presso la Corte di Arbitrato dell’Aia.

Infine, nel frattempo a New York si svolgeva una manifestazione di protesta per i danni ambientali provocati in Amazzonia durante il periodo delle attività della Texaco, alla quale avrebbero dovuto partecipare alcuni abitanti delle zone contaminate per testimoniare sulle loro condizioni sociali, economiche e ambientali, ma cui è stato negato il visto dall’Ambasciata statunitense.