No al referendum, ecco perché

Pubblicato il 28 Gennaio 2012 alle 09:31 Autore: Matteo Patané
no al referendum

La Consulta ha tuttavia bocciato i quesiti, rigettando di fatto la tesi proposta dal comitato referendario. Le motivazioni della sentenza permettono di capire in dettaglio il ragionamento seguito dai giudici presieduti da Alfonso Quaranta.
Il primo quesito è stato dichiarato inammissibile in quanto la riuscita del refendum avrebbe provocato un vuoto normativo su una legge, quella elettorale, considerata costituzionalmente necessaria, che deve essere operante e auto-applicabile, in ogni momento, nella sua interezza. Vuoto normativo, sottolinea la Corte, accentuato dal fatto che la scelta di una nuova legge elettorale tornerebbe a quel punto nelle mani del Parlamento, e un ritardo nella legislazione lascerebbe di fatto il Paese senza una legge elettorale valida. Nel ragionamento della Consulta, come si vede, l’idea di un ritorno al “Mattarellum” non è stata nemmeno presa in considerazione, ed i passi della sentenza ne spiegano dettagliatamente le motivazioni. Ciò che viene rigettato, di fatto, è il concetto stratificato della legislazione, in cui una norma soppressa resta quiescente e può essere quindi riportata in vita da un’abrogazione della norma sopprimente. Al contrario, afferma la Consulta, una norma cancellata è letteralmente espunta dal corpus legislativo del Paese, non può essere riportata in vita dall’abrogazione della norma che ha operato la cancellazione: al contrario, deve essere nuovamente reintrodotta attraverso un nuovo atto legislativo. La sentenza della Corte sottolinea inoltre la pericolosità della cosiddetta visione stratificata, che arricchirebbe il concetto di abrogazione con effetti imponenti e dalla difficile prevedibilità, evidenziando per di più i casi eccezionali in cui tale visione potrebbe avere un reale fondamento giuridico. Infine, l’uso del referendum per uno scopo non esclusivamente abrogativo è di fatto vietato dalla Costituzione italiana, e questo è valido anche quando la pars costruens è indiretta come in questo caso.
Al secondo quesito vengono contestate dalla Corte Costituzionale le medesime pecche che hanno portato all’inammissibilità del primo, con l’aggravante di andare a creare un sistema elettorale del tutto incoerente. Per quanto eminentemente abrogativa, infatti, la Legge 270/2005 presenta anche delle nuove disposizione legislative, definite sottotesti. Il secondo quesito del referendum opera per ottenere la cancellazione della parte abrogativa del “Porcellum” senza tuttavia toccare i sottotesti. Un esito positivo del referendum, quindi, andrebbe a cancellare le abrogazioni previste dalla Legge 270/2005 mantenendone però in vita la struttura, ovvero non arriverebbe allo scopo previsto dal comitato referendario stesso. In realtà, tale guazzabuglio si sarebbe ottenuto – e anche in forma peggiore – qualora fosse stata considerata accettabile la visione stratificata della legislazione, in quanto ci si sarebbe ritrovati a quel punto con norme entrambe valide (quella non abrogata del “Porcellum” e quella riesumata del “Mattarellum”) spesso in aperta contrapposizione tra loro.

Insieme alla dichiarazione di inammissibilità, i membri della Consulta hanno infine voluto ribadire quali sono i limiti del raggio di azione di un referendum: il livello di abrogazione di una legge elettorale non deve superare quel limite oltre il quale la legge oggetto della consultazione diventa inapplicabile.
Una lezione semplice, che la possibilità di riportare in vita il “Mattarellum” ha fatto inopportunamente dimenticare.

La sentenza della Consulta, nella sua semplicità e nel gran numero di precedenti riportati nel testo, si presenta quindi come una semplice applicazione logica della legge vigente nel Paese, senza bisogno alcuno di tirare in mezzo la casta e i suoi privilegi.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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