Jobs Act, sì alla fiducia, Poletti: “Indennizzo per licenziamenti economici”

Pubblicato il 8 Ottobre 2014 alle 10:26 Autore: Emanuele Vena
riforma senato della repubblica

E’ arrivata all’una di notte il sì alla fiducia. La riforma del lavoro ha raccolto 165 sì, 111 no e due astensioni (entrambe di due esponenti del PD, Casson e Ricchiuti). Uno dei civatiani, Walter Tocci, ha votato sì salvo poi dimettersi. Il primo via libera al Jobs Act arriva dopo una giornata intensa in Aula con lanci di monetine, libri e insulti da parte dell’opposizione.

ARTICOLO 18 – Quello che da più parti è stato ritenuto un “totem”, non rientrerà nel maxiemendamento. Anzi sì. Dopo le prime news date dagli organi di stampa, che parlavano di successivi decreti delegati cui affidare la materia in questione, è intervenuto direttamente Palazzo Chigi a precisare i termini della questione: votare la fiducia equivale a consegnare la delega al governo per riformare il mercato del lavoro secondo la portata definita dal testo normato. L’impegno politico preso dal governo è orientato alla cancellazione del reintegro nei casi di illegittimo licenziamento economico ma al mantenimento – come promesso alla sinistra del PD – nei casi di licenziamento discriminatorio e disciplinare “tipizzato”, con tipologie da fissare nei suddetti decreti delegati, in modo da ridurre al minimo il margine interpretativo del giudice. Poi ci pensa il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, a chiarire ulteriormente la situazione: “Sull’articolo 18 faremo una norma di dettaglio in un decreto attuativo”, in base a quanto previsto dal ddl e ai “ragionamenti del Premier fatti in più occasioni, incluso il documento approvato in direzione”.

I DISSIDENTI DIRANNO SI – Nel pomeriggio si è aperto un fronte di 36 parlamentari (27 senatori e 9 deputati), membri della Direzione Pd, che hanno firmato un documento di critica sull’emendamento. “Noi chiediamo con forza che prima della revisione delle tipologie contrattuali vengano approvate le norme sugli ammortizzatori sociali -scrivono, tra le altre cose i Pd dissidenti- E manca una definizione del contratto a tutele crescenti”, sottolineano. Concludendo, la minoranza Pd ha “un giudizio non positivo sulla fiducia, che interrompe un dibattito parlamentare”: ma voteranno “sì”. Secondo Pippo Civati, però, qualche senatore Pd è pronto a dimettersi, e lo farà al momento della dichiarazione di voto. 

renzi

SGRAVI FISCALI – L’emendamento recepirà anche una delle maggiori contropartite alla modifica dell’articolo 18, vale a dire la concessione di sgravi fiscali al contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti che con il Jobs Act diventerebbe la forma contrattuale di riferimento, nonché più conveniente e perciò privilegiata. Ciò – come sottolineato da ‘Repubblica’ – si traduce in “minori contributi previdenziali e assistenziali da accompagnare, nei primi anni, ad esempio tre, alla deducibilità del costo del lavoro per i nuovi assunti dall’Irap o a specifici bonus”. Inoltre nel maxiemendamento è inserita una norma volta a sfoltire, e quindi anche cancellare, le numerose forme contrattuali previste a oggi.

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L’AVVERTIMENTO SUI NUMERI – “Se il Jobs Act passa con i voti determinanti di Forza Italia, il governo va a casa”. L’ammissione arriva direttamente dal ministro della Difesa, Roberta Pinotti, intervenuta ieri sera alla trasmissione televisiva ‘Ballarò’. Un vero e proprio aut aut ai dissidenti della maggioranza e, soprattutto, dello stesso PD, nonostante i toni accomodanti espressi ieri dall’ex segretario Bersani. E dopo le difficoltà di ieri sul numero legale e l’annuncio di Civati di defezioni al Senato da parte di alcuni malpancisti PD, oggi si riparte.

DIBATTITO ROVENTE – Mentre il ministro Boschi avverte che “c’è l’esigenza di correre” con le riforme, da fare “a 360 gradi” e con l’obiettivo di favorire “l’accesso al lavoro delle giovani generazioni”, il dibattito è rovente. “L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definitì. Così recita l’art. 76 della Costituzione che ci risulta essere ancora in vigore. Davvero non si capisce come il governo possa annunciare modifiche all’art. 18 con i decreti legislativi in totale assenza di oggetto, principi e criteri direttivi nell’articolato della legge delega e nello stesso emendamento sul quale intende porre la fiducia. Con il voto di fiducia di oggi il governo non può sentirsi autorizzato a violare un articolo della Costituzione”. L’attacco arriva dalla parlamentare PD Rosy Bindi, ospite della trasmissione “Radio Anch’io”. Che non si capacità del perchè “su un tema così importante come quello dei diritti dei lavoratori il governo abbia voluto aprire un conflitto nel Paese anzichè affrontare le questioni di come combattere la disoccupazione e stimolare la crescita”. Non meno duro Maurizio Landini, segretario della Fiom che, alla partenza del corteo contro il vertice UE sul lavoro a Milano, annuncia: “Siamo pronti ad occupare le fabbriche“.

premier renzi e ministro lavoro poletti

POLETTI: ART. 18 RILEVANTE MA NON DECISIVO – Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, intervenendo in Aula, parla dell’articolo 18: “L’articolo 18 non è l’alfa e l’omega della nostra riflessione. Io rispetto tutte le considerazioni ma credo siano forse state eccessive in senso positivo e negativo. Si tratta di un argomento rilevante ma meno decisivo”. E poi specifica che il governo chiede una fiducia “completa, non solo sull’articolo 18”. Il ministro aggiunge: “Ho trovato certi atteggiamento lontani dalla sostanza della delega, ho sentito critiche legittime ma che non parlano della delega di cui stiamo discutendo. I lavori della Commissioni hanno migliorato il testo”, in modo da ridurre l’incertezza, che è “il veleno che uccide gli investimenti”. E quando il ministro dice che “Dovremmo farci come Paese questa domanda: come abbiamo fatto a finire in questa situazione?”, scatta la contestazione del M5S, le cui urla costringono il presidente Grasso a sospendere momentaneamente la seduta. Sospeso da parte del presidente Grasso il capogruppo M5S Vito Petrocelli che però non vuole farsi da parte: “Non uscirò dall’Aula a meno che non mi portino via con la forza o finchè il presidente Grasso non revocherà un provvedimento assurdo”. Alla fine tutti i senatori grillini sono usciti dall’Aula. I lavori sono ripresi alle 16. Il voto sarà in serata.

L'arbitro del PD(Grasso) espelle capogruppo M5S(Petrocelli)

RENZI “POSSONO CONTESTARCI MA CAMBIEREMO IL PAESE” – Il premier Matteo Renzi non sembra preoccupato delle contestazioni in piazza e al Senato. “Possono contestarci ma la verità vera è che questo paese lo cambiamo”. “Credo che siamo a un punto in cui l’Italia ha il dovere di cambiare – ha proseguito Renzi riferendosi alla riforma del lavoro – e quando si cambia c’è sempre qualche resistenza di troppo. Andiamo avanti con serenità, determinazione e tenacia – ha sottolineato – perchè stiamo portando a casa tutti i risultati”. Renzi, al termine dell’incontro con la nazionale femminile di volley, ha ribadito quindi che il governo “andrà avanti sul Jobs Act. Il girone di ferro delle ragazze della pallavolo – ha spiegato Renzi – è un pò più difficile di quello del Senato”. Tra gli obiettivi da raggiungere, infine, il premier ha citato la creazione di 83 mila nuovi posti di lavoro spiegando che “c’è ancora tantissimo da fare per restituire fiducia alle famiglie italiane”. “Al Senato porteremo a casa il risultato oggi, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi: non molliamo di un centimetro e con tenacia raggiungeremo l’obiettivo” ha concluso. Il lavoro di Renzi è stato lodato dal presidente del parlamento europeo Martin Schulz: “Il governo italiano è fantastico, sta facendo il massimo per mobilitare gli investimenti e io sostengo il governo italiano in questo”.

L'autore: Emanuele Vena

Lucano, classe ’84, laureato in Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna e specializzato in Politica Internazionale e Diplomazia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Appassionato di storia, politica e giornalismo, trascorre il tempo libero percuotendo amabilmente la sua batteria. Collabora con il Termometro Politico dal 2013. Durante il 2015 è stato anche redattore di politica estera presso IBTimes Italia. Su Twitter è @EmanueleVena
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