Draghi vince l’ennesima battaglia (ma la guerra vera alla deflazione non è neppure cominciata)

Pubblicato il 10 Novembre 2014 alle 16:10 Autore: Giovanni De Mizio
spread fed

Due eventi hanno segnato una settimana che per i mercati, pur con vari scossoni, si è chiusa con stabilità: in primo luogo le elezioni di midterm, che hanno definitivamente reso zoppo il presidente USA Barack Obama, che oggi non avrà contro tre quarti di Congresso bensì la sua totalità.

Nel caso più ottimistico, Obama cercherà di non calcare la mano con gli ordini esecutivi nel tentativo di bypassare il Congresso, che in passato non si è reso celebre per la sua celerità di intervento, ottenendo in cambio collaborazione da parte dei Repubblicani. Nel caso più pessimistico, Presidenza e Parlamento andranno continuamente allo scontro, specie su questioni di concetto più che pratiche in vista delle presidenziali che si terranno fra due anni: Obama proverà a imporre quel che resta della sua agenda, mentre i repubblicani proveranno ad abbattere le riforme dell’era Obama, a cominciare da quella sanitaria, nonostante quest’ultima abbia drasticamente abbassato i costi delle assicurazioni e ridotto le persone non coperte.

Obama

Inutile dire che il secondo caso è quello più probabile, e che gli USA si ritroveranno ancora una volta bloccati da Washington, incapaci di intraprendere i passi necessari per evitare un declino sempre più evidente (nonostante i repubblicani continuino a negarlo opponendosi, ad esempio, alla sempre più necessaria riforma del Fondo Monetario Internazionale).

L’altro evento della settimana, decisamente più importante, è stato la conferenza stampa di Mario Draghi, il quale, nonostante report che attestassero divisioni, contrasti e scontri all’interno del Consiglio direttivo della BCE, è riuscito a portare a casa ancora una volta un’unanimità, e stavolta non su intenti nebulosi, bensì precisi.

Draghi ha infatti ben spiegato di avere intenzione di espandere il bilancio della BCE fino a 3mila miliardi circa, ovvero il livello raggiunto all’inizio del 2012 dopo le LTRO, dagli attuali circa 2mila, livello giudicato insufficiente per far sì che gli ingranaggi dell’economia siano sufficientemente oliati.

Se questo consenso è staro unanime senza troppi scontri si può ben dire che la BCE potrebbe essere effettivamente pronta a fare “whatever it takes” per salvare l’euro: certo lo farà con lentezza e cautela, ma se sarà necessario intervenire dovrebbe riuscire a farlo. Francoforte potrebbe dunque finire per acquistare financo obbligazioni societarie pur di pompare denaro ed allontanare il pericolo deflazione e stagnazione (se non addirittura recessione). Nuove indicazioni (e quindi nuovi argomenti per Draghi) potrebbero arrivare settimana prossima.

A tal riguardo, la prossima settimana sarà interessante per via di alcuni dati macro che verranno rilasciati, che avranno un impatto importante sulle prossime decisioni di Draghi e soci (in particolare i dati di mercoledì e di venerdì).

Intanto lunedì la produzione industriale italiana ha segnalato ulteriori perdite (quasi un punto percentuale sul mese e di ben tre punti sull’anno) peggiori delle attese,che invece volevano vedere un piccolo rimbalzo. Sarà interessante vedere quanto questi numeri peseranno sulla crescita, nelle prossime settimane.

Mercoledì attendiamo i numeri sulla produzione industriale europea, che dovrebbe provare anch’essa un rimbalzo su base mensile secondo gli analisti, pur rimanendo sotto tono su base tendenziale.

Giovedì avremo importanti dati sull’inflazione: la Germania attende una decrescita dei prezzi su base mensile dello 0,3%, e un aumento su base annua dello 0,8% (+0,7% secondo l’indice armonizzato). L’Italia dovrebbe far segnare una crescita quasi nulla (+0,1%) sia sul congiunturale che sul tendenziale, mentre l’indice armonizzato dovrebbe essere un po’ più alto (+0,3% e +0,2% rispettivamente). Sarà interessante leggere le indicazioni contenute nel bollettino mensile della BCE, come sempre rilasciato una settimana dopo il meeting di politica monetaria. Jobless claims attesi stabili negli USA intorno a quota 280mila unità.

Venerdì sarà giornata di prodotto interno lordo per l’Europa: la Francia dovrebbe continuare sulla strada della crescita zero-o-quasi con un aumento trimestrale dello 0,1%; stessa cifra per la Germania, che eviterebbe così una recessione tecnica (sull’anno la crescita è attesa dell’1%).

L’Italia dovrebbe vedere la propria situazione peggiorare ancora: dopo il -0,2% del secondo trimestre, nel terzo la “crescita” è attesa a -0,1% su base trimestrale, con -0,4% su base annua. Conclude la mattinata europea gli indici relativi all’Europa: l’inflazione è attesa sempre ai (troppo bassi e pericolosi) livelli precedenti a +0,4% su base annua,mentre il PIL è atteso stagnante, con una crescita lievissima su base trimestrale (+0,1%) e piuttosto depressa su base annua (+0,7%).

Dagli USA si attendono vendite al dettaglio in aumento di pochi decimi di punto percentuale.