Assemblea Pd, Renzi spegne i dissidenti “Il governo durerà fino al 2018”

Pubblicato il 14 Dicembre 2014 alle 11:39 Autore: Andrea Turco

Non sono presenti né Pier Luigi Bersani (bloccato a casa da un mal di schiena) nè Massimo D’Alema (in rotta con Renzi, in un’intervista al Fatto Quotidiano, ha affermato “non partecipo, non accetto le minacce o le sanzioni, come viene prefigurato in questi giorni”). L’Assemblea Pd non sarà quindi il luogo del redde rationem all’interno del partito. Non fanno paura le minacce di scissione ventilate ieri da Pippo Civati e rimarcate oggi “c’è un grande spazio tra le cosiddette ricette della Troika e le proposte radicali dei compagni di Tsipras”. La tensione però resta. Altri due dissidenti dem, Alfredo D’Attorre e Stefano Fassina, criticano il premier. Il primo lo definisce più rigido di Togliatti. Il secondo lo accusa di “drammatizzare perché vuole andare al voto”. A loro replica duramente il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini in un’intervista al Corriere della Sera: “Questo è l’ultimo appello, non ci sono altre chiamate: o siamo tutti consapevoli che il tempo dei giochini, delle rivincite congressuali e degli sgambetti è finito. Oppure, altro che disciplina, saranno gli elettori a sanzionarci”. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, butta acqua sul fuoco allontanando le voci di scissione: “Io non ho deciso di uscire dal Pd”.

PD-Assemblea

Renzi “Il governo dura fino al 2018”

“Chi vuole cambiare segretario può aspettare fino al 2017, con il congresso. Chi vuole cambiare governo può aspettare fino al 2018, con le elezioni. Ma chi vuole cambiare il Paese non perda un solo giorno e venga a darci una mano. Il Pd non è un partito che va avanti a colpi di maggioranza ma sia chiaro che non starà fermo per i diktat della minoranza. Abbiamo il dovere di corrispondere all’impegno preso con gli italiani e non staremo fermi nella palude per guardare il nostro ombelico”. La risposta di Matteo Renzi ai dissidenti dem, arriva alla fine del suo discorso d’apertura dell’assemblea Pd. Il premier li paragona agli anziani che fissano i cantieri: “Il cantiere è il luogo che attrae di più i cittadini, specie quelli che non hanno molto da fare e stanno lì a mugugnare. Il Pd non si metta a osservare i cantieri: li faccia. Noi siamo quelli che cambiano l’Italia, non quelli che stanno a mugugnare su quelli che cambiano l’Italia”. E ancora: “Noto un certo richiamo all’Ulivo molto suggestivo e nostalgico, ricordo cosa diceva l’Ulivo sul bicameralismo, quello che non ricordo è come si possa aver perso 20 anni di tempo senza aver realizzato le promesse delle campagne elettorali”.

Ora invece la musica è cambiata: “Eravamo il partito che ha non vinto in Italia, siamo il partito con il maggior numero voti in Europa”. Il segretario del Pd, Matteo Renzi rivendica inoltre il merito per la scomparsa di Grillo dalla scena politica. “Grazie al Pd è sparito dallo scenario politico colui che dettava l’agenda un anno fa, Beppe Grillo. Grazie al nostro risultato abbiamo restituito il suo talento alla comicità: andrà in tour, in bocca al lupo”.

Sul Jobs Act, con buona pace dei dissidenti dem, la partita è chiusa: “So bene che non tutti sono d’accordo sul Jobs act. Mi piacerebbe che almeno fosse letto il testo del Jobs act, che ci fosse uno sguardo non ideologico, una discussione nel merito. Sull’articolo 18 l’abbiamo pensata in modo diverso, ormai è andata, ognuno tiene la propria opinione ma ormai è chiusa”. I prossimi obiettivi sono invece la riforma della scuola e della giustizia: “Se la giustizia è quel che è, è perchè in questi anni ci siamo preoccupati di guardare il dito e non la luna sulla giustizia. Non sempre, anzi quasi mai, è stata colpa nostra ma questo non ci esime dalla responsabilità di cambiare il mondo della giustizia”.

Una battuta anche su quanto è accaduto a Roma sconvolta dall’inchiesta di Mafia Capitale: “Chi è disonesto non può camminare con il Pd, dobbiamo essere molto duri anche al nostro interno. Chi sbaglia paga anche nel Pd. Non tutti gli onesti votano Pd ma chi sta nel Pd deve avere onestà come punto fondamentale”.

Cuperlo a Renzi: “Piazza non diventi nostro nemico”

“Matteo hai ragione a rivendicare il primato politica, ma non è mai esistito tale primato se è separata dalla società. Le piazze non sono mai stato il nostro nemico, il nostro avversario, e non potranno diventarlo”. Lo sottolinea, rivolgendosi direttamente a Matteo Renzi, Gianni Cuperlo all’assemblea del Pd. “Scissione? Accantoniamo questa parola, facciamo finta che non sia mai stata pronunciata. Il Pd è la nostra famiglia e qui noi vogliamo restare anche se non è ancora il partito che avevamo immaginato e l’inchiesta Mafia Capitale lo dimostra”.

assemblea pd

Bindi “Renzi stia attento, perché a sinistra si apre spazio”

“Siamo stati in molti a dire a Renzi che ha preso il 40% e l’ha preso perchè è stato capace di intercettare l’elettorato di centrodestra che deve stare attento a non perdere l’elettorato di sinistra. Quella lontananza rispetto ai problemi reali apre spazio a sinistra. Io, tanto per chiarire, non intendo riempirlo, non sono all’inizio del percorso politico”. Lo afferma Rosy Bindi, deputato del Pd nel corso dell’intervista a Skytg24.

Fassina “Stiamo diventando il partito della troika”

Stefano Fassina ha scaldato l’atmosfera dell’Assemblea del Pd. Nel suo intervento, il deputato dem a un certo punto ha premesso: “non ho l’eleganza di Cuperlo e l’oratoria di D’Attorre”, quindi si è rivolto direttamente a Renzi seduto di fianco e puntandogli anche il dito. “Il presidente del Consiglio cerca giustificazioni per un voto anticipato. E poi è inaccettabile la delegittimazione morale e politica di chi ha posizioni diverse dalle tue: io non sto in Parlamento per gufare ma per esprimere un punto di vista costruttivo -ha spiegato-. Non accetto caricature, la minoranza non fa diktat nè il congresso anticipato. Se vuoi andare a elezioni dillo, assumiti la tua responsabilità e smettila di scaricare la responsabilità su altri”.”Diventiamo non il partito della nazione ma dell’establishment, della troika. Stiamo riposizionando il Pd nella consapevolezza del nostro gruppo dirigente. Noi stiamo perdendo un pezzo fondamentale di rappresentanza del mondo del lavoro, del lavoro debole, subalterno. Stiamo cambiando identità, stiamo cambiando funzione politica. A me questo non va bene”.

 

L'autore: Andrea Turco

Classe 1986, dopo alcune esperienze presso le redazioni di Radio Italia, Libero Quotidiano e OmniMilano approda a Termometro Politico.. Dal gennaio 2014 collabora con il portale d'informazione Smartweek. Su Twitter è @andreaturcomi
Tutti gli articoli di Andrea Turco →