Casamonica a Porta a Porta: ecco perché sono ingiuste le critiche a Vespa

Pubblicato il 10 Settembre 2015 alle 14:48 Autore: Antonio Atte
casamonica a porta a porta

Quando l’altra sera nello studio di Porta a Porta i riflettori si sono accesi e la colonna sonora di Via col vento (altro grande classico del grande schermo, proprio come Il Padrino) è sfumata, nei piccoli schermi che arredano salotti e cucine degli italiani non si è materializzata né Rossella O’ Hara, né Don Vito Corleone, né il premier o l’onorevole di turno. Assisi su due poltroncine di pelle bianca, che forse non avrebbero sfigurato nel villone della buonanima di Zio Vittorio, c’erano Vera e Vittorino Casamonica, figlia e nipote del defunto capofamiglia, sui cui funerali si è già detto e scritto tutto.

La cordiale ospitalità riservata da Bruno Vespa ai due familiari incensurati del boss è stata perfettamente in linea con il clima ossequioso che in generale si respira nel salottino di Raiuno. Il giornalista ha interagito con Vera e Vittorino come se avesse avuto davanti due sottosegretari alla presidenza del Consiglio: è il suo stile, piaccia o non piaccia. Lo show era prevedibile: “Mio padre era buono come Wojtyla”; “rifarei il funerale tale e quale, anche con l’aereo”; “mio padre non c’entrava niente con la droga, aveva i soldi perché veniva da una famiglia benestante”, eccetera eccetera.

Si tratta di cose già sentite, che però Vera e Vittorino non hanno potuto non ripetere pur di difendere (dal loro punto di vista) la memoria di Vittorio e soddisfare le esigenze di un impianto drammaturgico che li voleva nella parte di due bestiole esposte alla legittima curiosità del pubblico a casa. Perché lo spettatore vuole vedere come sono fatti i cattivi, nella stessa misura in cui un assicuratore dell’Ohio o un negoziante bresciano desiderano ammirare una tigre del Bengala, là dove non possa nuocere: dietro il vetro di uno zoo. O dietro quello di un apparecchio televisivo.

E Vespa, che ha fatto il suo dovere, ha avuto tutte le ragioni del mondo per festeggiare quel milione e 340mila spettatori, con uno share del 14,54%. Numeri che certamente avranno fatto felice mamma Rai. A incazzarsi (e di brutto), invece, è stata la politica, che come al solito è arrivata a scoppio ritardato col suo ingombrante carico di moralismo, irrorato a pioggia come i petali di rosa lanciati dal famoso elicottero, sventolando il logorato vessillo del “servizio pubblico”.

Contro Vespa si è aperto un fuoco quasi unanime – se si escludono Brunetta, Lupi, Giovanardi e Compagna (gli unici a difendere la puntata di Porta a Porta) – a partire da Ignazio Marino: “Se l’indecorosa messa in scena (dei funerali, ndr) a piazza Don Bosco aveva trovato i responsabili dell’ordine pubblico impreparati e sorpresi, per un difetto di informazione, questa volta la ‘rappresentazione’ è stata studiata a tavolino. E dunque è senza scusanti”, ha affermato il sindaco di Roma. Insomma: il “difetto di informazione” degli “impreparati e sorpresi” responsabili dell’ordine pubblico è scusabile, la trasmissione televisiva proprio no.

E come i matrimoni riparatori allestiti in seguito a gravidanze inaspettate, ecco arrivare pronta l’ospitata di Alfonso Sabella, assessore alla Legalità della Capitale. Ad agosto, contattato telefonicamente dopo le esequie trash del padrino, ai giornalisti Sabella aveva detto: “Non torno dalle ferie per un funerale cafone”. Ieri però è piombato in tv a Porta a Porta per dire che “dietro quella carrozza c’è il controllo del territorio”. Allora forse quello del 20 agosto non era solo un “funerale cafone”.

L’assessore ha poi contestato a Vespa l’assenza delle “vittime” del clan Casamonica nel corso della puntata con i parenti del boss. Altro colpo basso all’intelligenza dello spettatore, che come un bambino un po’ scemo, secondo Sabella (e secondo il 95% dei nostri politici), andrebbe perennemente guidato nella pedagogica e manichea distinzione tra il bene e il male, tra il bianco e il nero. In un Paese ancora indietro per molti aspetti sotto il profilo della legalità, che ha bisogno di tracciare bene questi confini, fa spavento una fiction in cui non si vedono i buoni, o una trasmissione televisiva in cui non viene celebrato il sacramento del contraddittorio, accompagnato dal suono di entrambe le campane.

Dietro la simpatia un po’ burina di Vera Casamonica, si cela la prepotenza di un mondo fatto di violenza e di usura”, ha aggiunto Sabella da Vespa. E’ questo che fa paura: l’aria bonaria di Vera Casamonica. Se la donna avesse avuto gli occhi rossi, i denti aguzzi e la bava alla bocca, sarebbe stato tutto molto più semplice. In questo modo da casa avremmo potuto urlare “questo è un cattivo!”, come fa Al Pacino nella scena del ristorante in Scarface.

SCARFACE Scena del ristorante

Per discolparsi, Vespa ha dovuto citare l’intervista di Biagi a Sindona e a Buscetta, così come l’intervista di Santoro a Massimo Ciancimino. Andrebbe ricordata a tal proposito anche l’intervista di Biagi a Raffaele Cutolo, uno che di vittime ne ha lasciate a terra un bel po’. Altro che gli incensurati Vera e Vittorino Casamonica. Altro che contradditorio. Insomma, l’ennesima polemica sulla tv cattiva maestra questa volta davvero non regge e conferma ancora una volta il rapporto malato tra la politica e la televisione, simile a quello che rispettivamente lega un cliente manesco alla sua prostituta: ci va a letto quando vuole, ma assalito dal pensiero dei propri fallimenti, non risparmia le botte.

Antonio Atte

L'autore: Antonio Atte

Classe '90, stabiese, vive a Roma. Laureato al DAMS con 110 e lode, si sta specializzando in Informazione, editoria e giornalismo presso l'Università degli studi Roma Tre. E' appassionato di politica, cinema, letteratura e teatro. Mail: antonio.atte@termometropolitico.it. Su Twitter è @Antonio_Atte
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