Una riflessione sulle primarie

Pubblicato il 10 Marzo 2012 alle 10:18 Autore: Matteo Patané
primarie

I problemi delle primarie, come descritto, possono avere un’origine esogena rispetto alla platea dell’area politica chiamata al voto, attraverso l’intromissione di votanti estranei, oppure endogena, attraverso un utilizzo distorto dello strumento da parte delle dirigenze dei partiti. I due problemi hanno soluzioni diametralmente opposte e inconciliabili, l’una verso il controllo e la chiusura, l’altra verso l’apertura all’esterno.
Ciò che appare paradossale, ad oggi in Italia, è che i rischi provenienti dalla partecipazione esterna appaiono di gran lunga inferiori come portata a quelli che genererebbe una chiusura delle partecipazioni. I danni di immagine per il PD e per il centrosinistra sarebbero incalcolabili, e lo stesso strumento delle primarie si svuoterebbe di qualsiasi significato, per diventare un mero rituale senza alcun valore pratico, utile solo a misurare quale tra i tanti capi e capetti abbia il maggior seguito all’interno di un mondo sempre più chiuso in sé stesso, in lento ma ineluttabile disfacimento.

Se il prezzo per evitare questo lugubre scenario è un Ferrandelli scelto con l’apporto decisivo dei sostenitori di Lombardo, ben venga Ferrandelli. Ma prima di regolamentare le primarie restringendone i criteri di partecipazione, serve una prova di maturità che il mondo partitico italiano è ben lungi dal dimostrare.

Per commentare su questo argomento clicca qui!

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
Tutti gli articoli di Matteo Patané →