Caso Beatrice Di Maio: è un fake, in realtà è Titti Brunetta

Pubblicato il 24 Novembre 2016 alle 17:11 Autore: Redazione
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La scorsa settimana la storia di Beatrice Di Maio aveva fatto il giro del web e scatenato reazioni di ogni genere all’interno dell’opinione pubblica. I toni tra il fronte del “sì” e il fronte del “no” al referendum si erano fatti ancora più accesi. L’accusa di cyber-fango rivolta al M5S da parte del Partito Democratico aveva rappresentato l’apice di un dibattito acuto e senza ritorno.

La moglie di Brunetta dietro a Beatrice Di Maio

Oggi la notizia. Beatrice Di Maio, la blogger pentastellata i cui tweet sono stati citati a motivo principale della denuncia democratica ai 5 stelle, sarebbe solo uno pseudonimo. Dietro al profilo twitter seguito da più di 15mila persone, ora rimosso, ci sarebbe Tommasa Giovannoni Ottaviani, ovvero la moglie del capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta. A rivelarlo è Franco Bechis, vicedirettore di Libero, che svela il mistero direttamente sulla prima pagina del quotidiano, con un articolo dal titolo “State attenti a questi due”, il tutto corredato da una foto dei due coniugi. «Ho le mie idee. Non sono una militante del Movimento 5 stelle, non conosco nessuno personalmente», rivela la Giovannoni Ottaviani a Bechis, «Ho fatto amicizia virtuale con tanti, e altre persone che avevano idee simili. Quello che pensavo ho scritto, sempre con ironia. Molte volte si trattava di battute, di satira, con la libertà tipica della rete. Non ho giocato, ero io con il mio animo, le mie passioni politiche, il mio impegno civile e i miei rapporti di affettività. Io sono Bea e porto nel cuore questa esperienza». Negata anche qualsiasi corrispondenza tra lo pseudonimo scelto, Beatrice di Maio, e il nome del vicepresidente della Camera e dirigente cinque stelle, Luigi Di Maio. «L’avevo scelto casualmente e quando nell’aprile 2015 ho aperto il mio account non c’erano tanti Di Maio in giro. Ho usato quel cognome perché mi ricorda una persona cara», commenta la moglie di Brunetta.

L’intervista continua con una strenua difesa della Giovannoni Ottaviani nei confronti del marito: «Renato non sapeva nulla … gliel’ho detto solo pochi giorni fa. Eravamo davanti alla tv io e Renato. Stavamo vedendo Enrico Mentana che nel suo tg stava facendo vedere una foto dei tweet di Beatrice di Maio. Raccontava che il M5S diceva di non saperne niente e faceva un appello a Bea di venire fuori, rivelare la sua identità. A quel punto ho guardato mio marito e gli ho detto: “Amore, ti dovrei dire una cosa…”».

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Intanto Brunetta, raggiunto telefonicamente da la Repubblica, commenta la vicenda così: «Sorrido e mi occupo di cose serie. Come la vittoria del “no” al referendum». E riguardo al comportamento di sua moglie, si dice soddisfatto e orgoglioso della consorte: «impegno civile e legittima satira. Mia moglie è una donna che pensa con la sua testa».

Intanto si raccolgono gli effetti della rivelazione shock del giorno sulla scena politica. Sul blog di Beppe Grillo si legge: «Beatrice Di Maio, che secondo la teoria complottista de La Stampa – ripresa da tutti i tg, anche RAI, e i giornali e sposata dal pd – è l’account chiave della cyber propaganda pro M5S, non è né un ghost, né un fake, né un troll, né un algoritmo, né antani con lo scappellamento a destra … Una figura del menga di queste proporzioni era difficile da immaginare. Hanno parlato di cyberfango, il Pd ha sprecato soldi pubblici con un’interrogazione parlando di “una macchina del fango automatizzata per colpire il PD” per chiedere se Di Battista o Di Maio ne fossero a conoscenza. Altri hanno parlato persino di “hacker russi filo M5S”. Le comiche! Oggi nessuno di loro twitta più … Tutti a parlare di fake news e di come la gente sui social sia stupida e creda a tutto. Ma vi siete visti? Vi siete bevuti la fake news della Stampa come i bambini che credono alla storia di Babbo Natale. Ci aspettiamo le scuse di tutti. Tutti. Questa campagna diffamatoria contro il MoVimento 5 Stelle deve finire una volta per tutte».

Poco da aggiungere. Se non osservare che la bassezza del del dibattito pubblico non ha limiti.

 

Camilla Ferrandi

L'autore: Redazione

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