Poste Italiane: buoni fruttiferi, cambio rendimento va comunicato

Pubblicato il 24 Marzo 2019 alle 06:25 Autore: Daniele Sforza

Il cambio rendimenti dei buoni fruttiferi postali va comunicato. Si discute attorno a una sentenza che riguarda Poste Italiane.

Poste Italiane: buoni fruttiferi, rendimento cambiato va comunicato
Poste Italiane: buoni fruttiferi, cambio rendimento va comunicato

Buoni fruttiferi: rendimento di Poste Italiane e cambio


Poste Italiane: buoni fruttiferi, cambio rendimento va comunicato

Cambio rendimento buoni fruttiferi di Poste Italiane

 

Poste Italiane è al centro di una discussione riguardante cause e sentenze della Cassazione. Relativa prevalentemente alla mancata comunicazione del cambio rendimento dei buoni fruttiferi postali. Si parla di buoni emessi tra la metà degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta, serie M, N e O. Il cui rendimento è stato dimezzato. E la cui comunicazione è avvenuta solo in Gazzetta Ufficiale, senza essere presente in un’informativa più corretta e trasparente per i risparmiatori che si sono accorti del fatto solo quando era troppo tardi.

Poste Italiane: buoni fruttiferi postali e cambio rendimento, cosa è successo?

Del fatto se ne sono occupati diversi quotidiani e blog informativi, come La Stampa e Intermarket& More. Per quanto riguarda il quotidiano torinese, già nel 2005 Luigi Grassia e Claudio Vimercati ne hanno parlato. Commentando e aggiornando i lettori sullo sviluppo dei buoni che hanno pagato la metà dei rendimenti rispetto a quanto prestabilito in fase di sottoscrizione e alla scadenza trentennale.

I buoni di cui stiamo parlando (serie M, N, O emessi dal 1974 al 1986) si presentavano come gli assegni da Un Milione nei vecchi fumetti del signor Bonaventura. Erano dei pezzi di carta con su scritto l’importo (ovviamente in lire). E sul retro avevano una complicata serie di simboli che spiegava come il capitale fosse destinato a rivalutarsi, anno dopo anno, in tre decenni. Ma nel 1986 un decreto del governo ha dimezzato i rendimenti. La quasi totalità dei risparmiatori non se n’è accorta fino al momento di incassare.

Cosa è successo nel dettaglio? Danilo DT, del blog informativo sopraccitato, spiega così la situazione.

A un certo punto i signori di Poste Italiane hanno iniziato a considerare tale rendimento “antieconomico”; si è capito che quel rendimento era “fuori mercato”. E quindi era giusto dare un “taglio” allo stesso. Vi sembra un atteggiamento corretto? Assolutamente no. È un po’ come se a un BTP che ha un tasso del 5% si decidesse, d’ufficio, un taglio del rendimento al 2,5%.

Sulla vicenda sono stati inoltrati ricorsi che sono stati accolti da diversi giudici. Come da Andrea Grammatico, giudice di pace di Savona; che ha “salvato” i rendimenti di una ventina di risparmiatori, ma solo in maniera provvisoria; in attesa cioè della sentenza definitiva della Cassazione.

Poste Italiane: buoni fruttiferi e rendimento, cosa dice la Cassazione

La sentenza della Corte di Cassazione a riguardo (n. 4761 del 28 febbraio 2018) ha spiegato che i buoni fruttiferi presi in esame non erano titoli di credito; bensì titoli di legittimazione. Cioè non possedevano il carattere della letterarietà proprio dei titoli di credito; e pertanto “doveva ritenersi che il diritto al rimborso fosse esclusivamente regolato dal decreto ministeriale 16 giugno 1984, che ne aveva disciplinato l’emissione, trattandosi cioè di buoni a termine della serie AB/AA; sicché non aveva rilievo la stampigliatura apposta sul retro dei medesimi, che richiamava i buoni della serie P/O e indicava la misura degli interessi fino al 20° anno, con conseguente prescrizione, eccepita da Poste Italiane S.p.A., del diritto al rimborso”.

Quindi la Cassazione fa riferimento al d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156 che regolamentava la questione relativa a quei buoni.

Ai sensi dell’articolo 171, rubricato “Emissione di buoni postali fruttiferi”, era stabilito che: “gli uffici postali, nei limiti e con le modalità indicate dal regolamente, rilasciano buoni postali di risparmio nominativi, rimbrosabili a vista presso gli uffici di emissione”.

In particolare, per quanto riguardava le modalità di rimborso, queste venivano spiegate nell’articolo 178. “I buoni venivano pagati presso gli uffici di emissione; o presso altri uffici ‘nei limiti di taglio in cui sono autorizzati a emetterli; con le condizioni e modalità indicate dal regolamento’”. Infine, per quanto riguardava gli interessi, si faceva riferimento all’art. 173.

Gli interessi vengono corrisposti a seconda della tabella riportata a tergo dei buoni.

Poi venne il decreto ministeriale del 16 giugno 1984, che di fatto modificò i “saggi d’interesse sui libretti e sui buoni postali di risparmio”. Quindi venne istituita una serie speciale di buoni fruttiferi postali a termine, Serie AB.

Buoni fruttiferi postali: i migliori da sottoscrivere.

Poste Italiane: il chiarimento sui tassi d’ interesse dei Bfp

Su questo fatto, come riporta L’Eco di Bergamo, Poste ha voluto fare una precisazione. “La variazione dei tassi d’interesse fino al 2000 veniva stabilita attraverso Decreti interministeriali; al fine di adeguarli all’andamento del mercato finanziario. Tale possibilità è stata utilizzata in due circostanze che hanno ridotto i tassi d’interesse. Si tratta dei buoni ordinari delle serie O e P emesse prima del 1986. Per effetto di tale normativa, gli importi da corrispondere per i buoni in questione non devono essere rilevati dalle tabelle sul retro dei buoni stessi; ma vanno calcolati in base ai tassi fissati dal Decreto; così come stabilito dal tribunale di Bergamo in primis e da sentenze delle Corti d’appello di Brescia e Milano”.

Poste Italiane fa poi riferimento anche alla sentenza della Cassazione. “Non riguarda la tematica fin qui esposta; bensì si riferisce a una diversa tipologia di Buoni fruttiferi (a termine e non ordinari trentennali) per i quali al momento dell’emissione erano stati indicati tassi d’interesse maggiori, a seguito dell’errore di un operatore di sportello”.

Resta comunque scolpita nera su bianco questa pronuncia da parte della Cassazione, che così conclude la sentenza.

La sentenza è cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Venezia, che si atterrà al principio in forza del quale i buoni postali fruttiferi non hanno natura di titoli di credito; ma vanno considerati titoli di legittimazione ai sensi dell’art. 2002 c.c.. E, nondimeno, il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli è destinato a formarsi proprio sulla base dei dati risultati dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti.

Come riferisce la testata bergamasca, “le Poste invitano coloro che sono in possesso di buoni postali a rivolgersi agli uffici postali che effettueranno i conteggi e liquideranno ai sottoscrittori le somme dovute per legge”.

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L'autore: Daniele Sforza

Romano, classe 1985. Dal 2006 scrivo per riviste, per poi orientarmi sulla redazione di testi pubblicitari per siti aziendali. Quindi lavoro come redattore SEO per alcune testate online, specializzandomi in temi quali lavoro, previdenza e attualità.
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