Omicidio Stefano Cucchi: carabiniere testimone si appella a Giuseppe Conte

Pubblicato il 21 Giugno 2018 alle 09:55 Autore: Antonella Cariello
Riccardo Casamassima Omicidio Stefano Cucchi

Omicidio Stefano Cucchi: carabiniere testimone, Riccardo Casamassima, si appella a Giuseppe Conte

Gravi sono state le conseguenze seguite alla testimonianza del 15 maggio dell’appuntato Riccardo Casamassima in merito al caso Stefano Cucchi. Conseguenze la cui gravità, come spiega nel video della diretta dal proprio profilo Facebook, era già presagita da Casamassima, ma che si sono concretizzate allorquando è stato disposto per lui l’allontanamento e un umiliante demansionamento, come lo ha definito Ilaria Cucchi, che da sempre spalleggia e sostiene il carabiniere, unico membro dell’Arma che sembra agire animato da assoluta onestà in un processo dove le verità sono ancora troppo inficiate perché sia fatta giustizia.

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Le manette scattarono per Cucchi quando questi fu colto in possesso di sostanze stupefacenti, nell’ottobre 2009. Dopo una settimana dall’arresto, Stefano si spense in ospedale. Di lui non restarono che poco più di trenta chili, recanti evidenti segni di traumi contusivi.

Da quel momento, la famiglia di Stefano è sempre stata in prima linea per far luce su una morte così inaccettabile, dalla cui accusa i presunti responsabili hanno sempre preso le distanze, richiamando in causa, a loro discolpa, gli effetti dell’uso di stupefacenti e il rifiuto opposto da Stefano stesso a esser condotto in ospedale e curarsi, allorquando le sue condizioni di salute cominciarono ad incrinarsi.

Dopo l’inchiesta bis, a testimoniare furono l’appuntato Riccardo Casamassima e la sua compagna e parigrado, Maria Rosati. In quella circostanza, fu confermato che a causare il decesso del giovane fu il pestaggio che subì, poco dopo l’arresto, dai carabinieri, i quali indirizzarono le responsabilità sugli agenti di Polizia Penitenziaria. I testi rinviarono anche al nome di Roberto Mandolini, il maresciallo che avrebbe confidato a Casamassima che quella sera ci fu un casino perchè un ragazzo era stato massacrato di botte dai ragazzi.

Risultava chiaro che i “ragazzi” erano gli uomini che avevano arrestato Stefano. Maria Rosati, a riprova della tesi avanzata da Casamassima, aveva assistito in prima persona al colloquio in cui si tentava di incriminare, anziché i carabinieri, la Polizia Penitenziaria.

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“Sarò allontanato e demansionato e andrò a lavorare a scuola dopo essere stato per 20 anni in strada. E’ scandaloso. Ho subito minacce, nessuno mi ha aiutato. Mi appello alle cariche dello Stato, ai ministri Salvini e Di Maio e al presidente del Consiglio Conte: è giusto che una persona onesta debba subire questo trattamento?”

si sfoga risoluto Riccardo Casamassima. Puntuali le espressioni di solidarietà e ammirazione per il lavoro del militare anche da parte di Ilaria Cucchi, anch’essa convinta dell’ampia responsabilità morale di Mandolini, causa di questo improprio prolungarsi delle indagini, di “di questi anni di attesa della verità”. 

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Non è mancata nemmeno la reazione del ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, dichiaratasi disponibile a parlare con Casamassima e a divenirne il punto di riferimento, a seguito del suo reclamo di attenzione verso il Governo italiano. “ Con la coscienza pulita si può combattete da solo e senza l aiuto di nessuno...” aveva scritto su Facebook l’appuntato.

Dopo la felice dichiarazione dell’onorevole Trenta, il carabiniere di Andria non ha potuto non manifestare il proprio sentito ringraziamento per questo decisivo intervento, fondamentale per il suo destino professionale e decisivo per il compito primo che si era prefissato: difendere l’integrità della divisa da questi inquinamenti che sporcano il nome dell’Arma.

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L'autore: Antonella Cariello