Germania, un fondo sovrano per proteggersi dalla Cina?

Pubblicato il 21 Marzo 2019 alle 16:18 Autore: Michele Mastandrea

La mossa “sovranista” della Germania in politica industriale. Il tema degli investimenti cinesi, ma non solo. Una strategia per l’Unione Europea del futuro?

Germania, un fondo sovrano per proteggersi dalla Cina?
Germania, un fondo sovrano per proteggersi dalla Cina?

Entro la fine del 2019 la Germania lancerà un fondo statale per “proteggere” alcune delle sue imprese chiave dalla possibilità che vengano acquisite da enti esteri. È una notizia importante quella che emerge da recenti dichiarazioni del ministro dell’Economia tedesco Peter Altmaier.

Presa di posizione che arriva proprio mentre in Italia è vicina la firma di un Memorandum of Understanding tra Roma e Pechino sull’ingresso italiano nella Belt and Road Initiative. MoU che per i critici sarebbe propedeutico all’ulteriore vendita italiana di quote o della totalità di asset strategici in campo infrastrutturale, energetico e tecnologico.

Pechino investe da anni nell’Unione Europea, concentrandosi soprattutto su trasporti, servizi, infrastrutture, ICT. La Cina è forte soprattutto in Europa dell’Est. Qui ha preso possesso di decine di aziende ed infrastrutture dal rilevante impatto sull’economia, e sta programmando di allargarsi ulteriormente, anche nell’Europa centrale ed occidentale. Non a caso durante l’incontro tra Roma e Pechino si parlerà anche delle intenzioni da parte della Cina rispetto ad aziende come Terna, Autostrade, Eni, Fincantieri.

Un trend che la Germania vuole limitare se non bloccare a partire dal 2020, quando il fondo dovrebbe entrare in azione. Il provvedimento tedesco sembra guardare proprio in direzione di Pechino. Altmaier ha aggiunto diversi dettagli, spiegando in profondità le idee contenute nel paper “Strategie dell’industria nazionale per il 2030”. Industrie chiave da difendere, secondo quanto dichiarato da Altmaier, dovrebbero essere quelle dell’acciaio e dell’alluminio, dei prodotti chimici e del settore aerospaziale. Ma si parla anche di ingegneria meccanica e impiantistica, attrezzature mediche, ottica e stampa 3D.

Una mossa per difendere gli “interessi nazionali” della Germania

Per molti la decisione tedesca è l’esito di una reazione iniziata nel 2016. Quando la cinese Midea acquisì la tedesca Kuka, azienda attiva nel campo della robotica industriale. Da quel momento, soprattutto attraverso la KfW (una sorta di Cassa Depositi e Prestiti tedesca), la Germania ha sventato altre operazioni simili. Ora arriva il tentativo di regolazione sistemica.

Questo non riguarderà solo la Cina. Per Altmaier anche gli Stati Uniti hanno in passato effettuato acquisizioni di aziende rilevanti dell’economia tedesca. Rendendo necessario “difendere gli interessi nazionali” del paese, secondo quanto dichiarato in forma anonima alla Reuters da un funzionario tedesco.

L’idea tedesca prevederebbe di unire gli sforzi del settore pubblico e del settore privato. Al fine di sventare acquisizioni indesiderate e fare rimanere in mani amiche alcuni asset strategici. La svolta di Altmaier sembrerebbe smentire quella che molti definiscono il tradizionale approccio tedesco all’economia. Vale a dire, quello di un sostanziale ritiro dello Stato dal mercato. In cui la competizione sarebbe guidata dalle sole leggi economiche tra gli attori. E dove lo Stato si limiterebbe solo ad assicurare che tutti gli operatori abbiano pari opportunità.

Una narrazione fin troppo semplicistica, smentita dalla storica forte azione regolatrice da parte della Germania della sua politica industriale. Ora l’intervento statale diventa però ancora più manifesto. Sebbene non siano previste nazionalizzazioni e l’intervento pubblico dovrebbe arrivare solo in casi eccezionali.

Verso un sovranismo europeo in campo economico-industriale?

Non tutti nel paese hanno apprezzato. Critiche ad Altmaier sono arrivate sul fronte interno, sia dai liberaldemocratici che dalla sinistra. Ma a livello europeo la questione cambia: la Francia ad esempio sembra essere decisamente favorevole ad un cambio di passo europeo sul tema. Del resto la Germania aveva già spinto molto in passato sulla costituzione di una sorta di “golden power” europeo che servisse proprio agli stessi scopi di quanto lanciato in chiave unilaterale. Evidentemente, le lungaggini del processo decisionale dell’Unione e la difficoltà nel trovare accordo tra i paesi membri hanno spinto Berlino ad una prima accelerazione solitaria.

Ma la Germania non sta abbandonando l’idea di una riforma europea. Anzi, lo stesso Altmaier ha definito una priorità per la prossima Commissione Europea quella di modificare le leggi sulle acquisizioni e le fusioni al fine di creare “campioni europei” capaci di competere a livello globale in diversi settori economici. L’Unione Europea finora ha infatti sofferto dello strapotere americano e cinese nell’imporsi nei principali ambiti globali, spesso sfruttando proprio il sostegno statale. Lo stesso richiamo alla passata decisione dell’Antitrust UE di bloccare la fusione tra Siemens e Alstom è stato fatto da Altmaier per indicare la necessità di una svolta.

Di questo, quantomeno in merito a Pechino, si dovrebbe discutere anche oggi e domani a Bruxelles. Dove i Ventisette dell’Unione discuteranno la bozza negoziale europea in vista del prossimo summit UE-Cina, previsto per il prossimo aprile. In cui si discuterà, in maniera simile a quanto fatto negli ultimi mesi da Usa e Cina, di accesso al mercato cinese, di regolazione degli investimenti, di difesa della proprietà intellettuale. Convitato di pietra, quanto accade nelle stesse ore a Roma, che rischia di sfaldare la compattezza europea in materia.

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L'autore: Michele Mastandrea

Nato nel 1988, vive a Bologna. Laureato in Relazioni Internazionali all'università felsinea, su Termometro Politico scrive di politica estera ed economia.
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