Stipendio e reato mancato pagamento: quando si manifesta e perché

Pubblicato il 7 Giugno 2019 alle 14:55 Autore: Claudio Garau

Quando il mancato pagamento dello stipendio, da parte del datore di lavoro, è anche reato. Alcune fattispecie concrete rilevanti penalmente.

Stipendio e reato mancato pagamento: quando si manifesta e perché
Stipendio e reato mancato pagamento: quando si manifesta e perché



Per la legge italiana, il mancato pagamento dello stipendio può costituire sia un illecito civile, sia un illecito penale. Di seguito vediamo con quali modalità si manifesta il reato del mancato pagamento dello stipendio, da parte del datore di lavoro al proprio dipendente.

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Stipendio: l’illecito del mancato pagamento

Preliminarmente, occorre dire che, in ogni caso, il mancato versamento dello stipendio al lavoratore, avente diritto in base al contratto di lavoro, costituisce una violazione dell’accordo contrattuale ed, in quanto tale, dà luogo ad un illecito tipico del diritto civile, contro cui si può agire presso il Tribunale civile (attraverso una causa di recupero crediti o con un processo ordinario). La legge vigente però stabilisce che, in determinate circostanze, il mancato pagamento dello stipendio integra un vero e proprio reato.

La prassi dei casi concreti esaminati dai giudici ha fatto infatti emergere, oltre al comportamento aziendale non rispettoso del testo contrattuale, anche atti ricattatori e fraudolenti o mirati a non versare le dovute ritenute all’INPS, pertanto penalmente rilevanti. È opportuno ricordare che la querela presso carabinieri, polizia o Procura della Repubblica e pertanto un’iniziativa penale dell’interessato, ha solitamente una forza persuasiva o comunque un effetto psicologico che, spesso, una mera azione civile non ha.

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Quando il mancato pagamento è reato?

Non basta però il mancato pagamento in sé, a configurare (anche) il reato penale. Occorrono altre condizioni. Tra queste, assume rilevanza il cosiddetto ricatto. La querela pertanto può scattare laddove il datore di lavoro tenta di ricattare il proprio lavoratore, al fine di non versargli lo stipendio. Insomma, si tratta di minacce di vario tipo mirate ad intimidire il dipendente e a fargli accettare il mancato versamento dello stipendio.

Secondo la Corte di Cassazione, in queste circostanze è in gioco il reato di estorsione, in quanto il ricatto e la minaccia di un qualcosa di più grave rispetto al mancato versamento dello stipendio (il licenziamento), integra un comportamento penalmente rilevante. È chiaro che, in casi come questi, è certamente possibile rivolgersi alle forze dell’ordine.

Anche il datore di lavoro che non versa materialmente indennità relative alla malattia, permessi retribuiti, assegni familiari, può essere destinatario di una causa penale, attivata dal dipendente. Ciò in quanto indica in busta paga somme che poi, di fatto, non sono corrisposte al lavoratore: si tratta di un falso, come peraltro affermato dalla Corte di Cassazione in una sentenza del 2016. Pertanto, il lavoratore potrà attivarsi, facendo presente il problema e la negligenza (dolosa) del datore di lavoro all’INPS oppure all’Ispettorato del Lavoro. Potrà ovviamente anche fare querela ai carabinieri o Procura della Repubblica.

In conclusione, ci sarà rilevanza penale del mancato pagamento dello stipendio, anche laddove il datore di lavoro si renda inadempiente per il mancato versamento dei contributi, anche corrispondendo, come previsto, la retribuzione. Si deve trattare però di un importo non dichiarato all’INPS, almeno superiore a 100.000 euro annui, con riferimento a tutto il personale impiegato.

In queste circostanze, sarà opportuno che il lavoratore richieda all’INPS di verificare la condotta del datore di lavoro e, se opportuno, procedere per la riscossione. Simile a questo reato è quello dell’omesso versamento delle ritenute fiscali, vale a dire delle tasse che l’azienda deve allo Stato, trattenendone sulla busta paga. Si tratterà di reato quando sarà sforata la soglia dei 150.000 euro complessivi all’anno.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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