Licenziamento collettivo illegittimo: impugnazione e quando è possibile

Pubblicato il 16 Settembre 2019 alle 16:10 Autore: Claudio Garau

Licenziamento collettivo: il contesto generale e di che si tratta. Quali sono i presupposti e come è possibile impugnarlo.

Licenziamento collettivo illegittimo impugnazione e quando è possibile
Licenziamento collettivo illegittimo: impugnazione e quando è possibile

Vediamo di seguito com’è possibile impugnare in tribunale un provvedimento di licenziamento collettivo illegittimo; in particolare facciamo luce sulle circostanze in cui la legge ammette tale strumento per la tutela dei diritti del lavoratore.

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Licenziamento collettivo: cenni generali in tema di licenziamento

Preliminarmente vediamo il contesto generale in tema di licenziamento, secondo il diritto del lavoro. Occorre subito rimarcare che nella maggioranza dei casi, in verità, il lavoratore non può opporsi efficacemente alla scelta aziendale del licenziamento. Ciò magari perché l’azienda è fallita o è in grave crisi economica e con i conti in rosso. Tuttavia, il licenziamento – talvolta – può essere illegittimo e, come tale, può ben essere contestato innanzi al giudice del lavoro.

La prassi, nelle circostanze appena ricordate, è che il lavoratore riceve la lettera di licenziamento, da cui emerge la volontà del datore di lavoro di voler recedere dal contratto, ovvero di venir meno agli accordi presi con il dipendente. In questa ipotesi, il lavoratore può validamente agire in giudizio al fine di ottenere un’indennità di licenziamento oppure il reintegro in azienda. Si tratta, dunque, di un diritto per il dipendente. Laddove invece sia in gioco un licenziamento per giusta causa, il lavoratore non potrà efficacemente opporsi in tribunale. Restando sul tema in esame, si parla infatti di licenziamento illegittimo, laddove il provvedimento è prodotto da cause discriminatorie, o quando viene effettuato nei periodi tutelati dalla legge (ad esempio, durante una gravidanza), o ancora quando il licenziamento è stato disposto oralmente, senza alcun provvedimento scritto.

Licenziamento in forma collettiva: quando è legittimo?

A questo punto, domandiamoci quando può parlarsi di licenziamento collettivo. Come suggerisce il nome, si tratta di un licenziamento che colpisce più lavoratori di un’impresa, che attraversa un periodo negativo, ad esempio per calo del fatturato o crisi economica. In particolare, secondo la legge, è in gioco il licenziamento collettivo laddove sono licenziati più di 5 lavoratori dipendenti nell’arco di 120 giorni.

Secondo la normativa giuslavoristica, il licenziamento collettivo, rispetto a quello individuale, è disciplinato in modo più stringente e rigido verso l’azienda, che si trova meno libera di scegliere quando cessare il rapporto di lavoro con più dipendenti. In effetti, la finalità della legge è tutelare i lavoratori come collettività, nei confronti di una scelta aziendale di forte impatto sociale ed economico. Pertanto, vi sono specifici parametri che ogni datore di lavoro deve rispettare, affinché il licenziamento collettivo sia legittimo. Le aziende in questione debbono infatti avere più di 15 dipendenti e le motivazioni per le quali è possibile procedere con un licenziamento collettivo, sono indicate tassativamente dalla legge. Esse consistono nella riduzione dell’attività d’impresa; nella trasformazione dell’attività; nella cessazione dell’attività.

È facile allora notare che i lavoratori non possono essere licenziati collettivamente, al di fuori di queste motivazioni espressamente previste. Nel caso in cui, in giudizio, sia dimostrato che non ricorre una delle cause appena menzionate, ma piuttosto un mero bisogno di riduzione costi non giustificata o una decisione discrezionale del datore di lavoro che non ha un fondamento economico rilevante, sarà in gioco un licenziamento illegittimo. Dovrà piuttosto ricorrere una vera e propria crisi aziendale, per far sì che il licenziamento non vada incontro ad una sentenza di illegittimità.

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Come opporsi e fare impugnazione

In caso di licenziamento collettivo (illegittimo), anzitutto è necessario che subentri una fase sindacale, idonea a consentire che le parti sociali possano confrontarsi con il datore di lavoro per evitare il licenziamento con un possibile altro accordo di diverso contenuto.

Laddove questa fase non abbia buon esito, non resteranno che le vie legali, in cui sarà opportuno farsi assistere da un avvocato ferrato in diritto del lavoro. Pertanto, sarà possibile opporsi al licenziamento collettivo, ritenuto illegittimo, e contestare il mancato rispetto di procedure e ragioni tassative di licenziamento collettivo. Il giudice del lavoro incaricato valuterà le risultanze prodotte, la regolarità formale della procedura, la sussistenza dei requisiti e la esatta applicazione di tutti i criteri fissati. In altre parole, laddove il procedimento contenga vizi di forma, il magistrato potrà dichiarare illegittimo il licenziamento collettivo.

Una supplementare forma di garanzia per i lavoratori licenziati collettivamente dispone inoltre che, nell’ipotesi in cui la stessa azienda entro sei mesi dal provvedimento di licenziamento, faccia richiesta di nuove posizioni e qualifiche – uguali a quelle degli ex dipendenti licenziati – gli stessi godono di diritto di precedenza alla riassunzione.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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