Pensione invalidità 2020: importo di 285 euro al mese è incostituzionale

Pubblicato il 21 Febbraio 2020 alle 12:15 Autore: Guglielmo Sano

Pensione invalidità: la Corte d’appello di Torino chiama in causa la Corte Costituzionale per valutare se gli importi siano costituzionalmente legittimi

Contrassegno invalidi
Pensione invalidità 2020: importo di 285 euro al mese è incostituzionale

Pensione invalidità e privazione dell’incremento al milione per chi ha meno di 60 anni: la Corte d’appello di Torino ha chiamato in causa la Corte Costituzionale per valutare se gli importi previsti siano costituzionalmente legittimi e, quindi, consentano di vivere in maniera dignitosa.

Pensione invalidità: consente di vivere dignitosamente?

La Corte d’Appello di Torino ha chiamato in causa la Corte costituzionale sulla possibile illegittimità rispetto alle disposizioni della Carta fondamentale degli importi previsti dalla pensione di invalidità totale e della privazione dell’incremento al milione per le persone con meno di 60 anni di età. Nello specifico, i magistrati del capoluogo piemontese hanno valutato il ricorso di una signora di 47 anni contro l’Inps: a quest’ultima era stato negato l’incremento dell’aumento sociale, dunque, per vivere poteva contare su una pensione di invalidità civile al 100% con assegno di importo pari a poco più di 285 euro a cui poteva aggiungere l’assegno relativo all’accompagnamento di circa 515 euro.

Dubbi di legittimità costituzionale

Il motivo del ricorso si basa sulla presunta inadeguatezza di queste cifre a garantire una vita dignitosa anche in virtù di una mancata proporzione al costo della vita. A detta del ricorrente ciò è ancor più vero se si considera anche il fatto che, come stabilito dall’articolo 38 della legge 448/2011, alla signora è stato rifiutato la maggiorazione dell’assegno, il cosiddetto aumento al milione, dovuto agli invalidi civili se hanno più di 60 anni (in caso contrario alla ricorrente sarebbe stato erogato una pensione di 638 euro al mese oltre all’assegno di accompagnamento).

Detto ciò, la Corte d’appello di Torino non ha potuto non rilevare come l’Inps abbia semplicemente applicato i termini previsti dalla normativa. Dunque, l’ente previdenziale non è di fatto imputabile; d’altra parte, gli stessi giudici hanno sottolineato la possibilità che le stesse disposizioni abbiano determinato una condizione discriminatoria tale per cui è possibile sollevare il dubbio di legittimità costituzionale.

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L'autore: Guglielmo Sano

Nato nel 1989 a Palermo, si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione per poi proseguire i suoi studi in Scienze filosofiche a Bologna. Giornalista pubblicista dal 2018 (Odg Sicilia), si occupa principalmente di politica e attualità
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