Lavoro in nero: ecco quali sono le prove per dimostrarlo

Pubblicato il 10 Marzo 2020 alle 17:40 Autore: Claudio Garau

Lavoro in nero: ecco come fare a dimostrare un rapporto in nero in essere e ottenere gli arretrati e tutte le altre tutele. Le prove da fornire

Lavoro in nero: ecco quali sono le prove per dimostrarlo

Come fare a trovare tutela quando si scopre che da un po’ di tempo il proprio datore di lavoro non versa lo stipendio? E soprattutto come comportarsi laddove ciò si verifichi nell’ambito di un rapporto di lavoro in nero, ovvero mai fatto emergere agli occhi del fisco. Senza prova scritta (non essendovi un contratto redatto nero su bianco), appare difficoltoso riuscire a provare la sussistenza di un rapporto di lavoro, da cui tragga fondamento il diritto alla retribuzione. Ebbene, come è possibile dimostrare di lavorare, seppur in nero, e pertanto come ottenere tutela? Vediamolo.

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Lavoro in nero: con quali modalità tutelarsi?

Ebbene, la legge consente anche a colui che lavora in nero, di trovare tutela e di poter fondatamente ambire ad ottenere gli stipendi a lui spettanti e tutte le altre tutele del caso. Ciò però non attraverso il veloce iter del decreto ingiuntivo per il recupero del denaro (che infatti si basa sul possesso di almeno una prova scritta, come un cedolino paga o una lettera di assunzione, ad esempio), ma piuttosto attraverso una causa ordinaria di accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro che, pur essendo irregolare, di fatto c’è. Una volta accertato, sarà quindi possibile avvalersi di tutte le garanzie tipiche del diritto del lavoro, non solo il diritto alla retribuzione, ma anche al periodo di ferie, ai contributi ecc.

Se non si intende sperimentare la via del tribunale, sarà possibile tentare la conciliazione, con modalità gratuite:

  • all’Ufficio territoriale del Lavoro
  • oppure presso un sindacato

Insomma, la legge consente al lavoratore in nero alcuni strumenti di tutela anche in presenza di un rapporto non contrattualizzato e quindi nascosto all’Agenzia delle Entrate, sia rivolgendosi al giudice, sia rivolgendosi ad uffici di conciliazione incaricati di far trovare alle parti un punto di incontro e portare il datore di lavoro a ravvedersi e riconoscere i propri sbagli.

Quali prove sfruttare a proprio vantaggio?

Per far emergere il “nero”, tutelarsi e finalmente ricevere il denaro corrispondente agli arretrati mai versati, se si opta per il tribunale, diventa determinante fornire le prove del lavoro in nero. Ma non essendoci prove scritte come un contratto, come si può fare a provare di aver svolto i compiti o mansioni lavorative?

Per rispondere a questa domanda, è necessario leggere quanto previsto nel Codice di procedura civile. In tale testo, infatti, sono citate le cosiddette “prove tipiche”, vale a dire le prove che sono ammissibili e producibili innanzi al giudice. Pertanto, in mancanza di prove scritte, sarà possibile avvalersi:

  • della prova testimoniale, ovvero una prova orale (ad esempio di un fornitore, di un cliente o comunque di chi abbia avuto rapporti di qualsiasi tipo con il datore e/o il suo personale);
  • della eventuale confessione del datore, anch’essa prova orale.

Ma non solo. L’ordinamento giuridico italiano prevede anche la possibilità di avvalersi delle cosiddette “prove atipiche”, ovvero non citate espressamente nel codice, ma comunque legittime. Esempi ne possono essere le registrazioni audio o video di dialoghi tra lavoratore e datore, nell’ambito di un rapporto di lavoro in nero: le dichiarazione e le immagini possono infatti anch’esse essere determinanti per provare un rapporto di lavoro in nero, ovvero di fatto e non contrattualizzato. Potrà essere quindi essenziale, ai fini dell’accertamento del rapporto di lavoro e del contestuale diritto a percepire lo stipendio (non ancora versato), il possesso di e-mail o messaggi sullo smartphone, che attestino il rapporto di fatto.

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Concludendo, che succede una volta ottenuta la prova del rapporto di lavoro in nero? Ebbene, il giudice competente è tenuto ad imporre all’azienda il pagamento di tutti gli arretrati non ancora versati, ovvero tutte le buste paga di cui non c’è prova del versamento (prova quasi impossibile dato che di solito nel lavoro in nero, si usano i contanti per i pagamenti), dalla data di inizio del rapporto di lavoro. Ovviamente gli importi attengono ai minimi del CCNL di riferimento e il datore di lavoro sarà costretto a regolarizzarsi anche sul piano dei contributi previdenziali e di tutte le altre tutele previste per il dipendente, come permessi e ferie.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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