Il trattato di Lisbona, ovvero l’Europa val bene un compromesso

Pubblicato il 4 Ottobre 2009 alle 14:40 Autore: Andrea Carapellucci

L’Europa dei Consigli

Una delle scoperte più sorprendenti per uno studente di diritto è quella che Consiglio d’Europa, Consiglio Europeo, e Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea non sono affatto la stessa cosa. Il primo – il Consiglio d’Europa – non appartiene né all’Unione né alle Comunità: è un organismo sovranazionale istituito dalla Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo, al quale aderiscono oltre quaranta paesi. Il Consiglio Europeo è – attualmente – l’unico organo dell’Unione europea: è formato dai capi Stato e di Governo dei 27 paesi dell’Unione e ha funzioni di indirizzo strategico del processo di integrazione. Il Consiglio dei Ministri – o Consiglio “e basta” – organo della Comunità europea, riunisce i rappresentanti dei 27 paesi a livello ministeriale, ed esercita insieme alla Commissione ed al Parlamento il potere legislativo a livello comunitario. Il Trattato di Lisbona, sorprendentemente, mantiene la distinzione tra “Consiglio europeo” e “Consiglio” (dei ministri), nonché la distinzione tra le rispettive funzioni. Il nuovo “presidente dell’Unione Europea”, eletto per due anni e mezzo, sarà in effetti solo il presidente del Consiglio Europeo, e verrà affiancato dal Presidente della Commissione Europea. Se il Presidente rappresenterà l’Unione nei principali consessi internazionali, sarà ancora la Commissione a negoziare per suo conto i trattati internazionali. L’Europa alla prova di Montesquieu La struttura delle istituzioni comunitarie sembra destinata a rimanere intrinsecamente confusa. I sostenitori dell’Europa federale sognano un’Unione i cui organi riproducano quelli tipici degli stati federali. L’Unione disegnata da Lisbona è invece assolutamente irriducibile a qualunque modello federale. Per quanto criticata, la tradizionale distinzione tra i “tre poteri” è ancora un utile modello di riferimento per comprendere la natura di un ordinamento. Nella nuova Unione Europea, Commissione, Consiglio e Parlamento resteranno, al di là delle apparenze, con-titolari di tutti e tre i poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. Le “leggi europee” saranno approvate da Consiglio e Parlamento, ma il Parlamento Europeo resterà l’unico parlamento del mondo privo del potere di discutere proprie proposte di legge (l’iniziativa appartiene alla Commissione). La Commissione, organo “esecutivo”, rimarrà ambiguamente un organo con competenze tecnico-amministrative (simili a quelle di Ministeri e Autorità Indipendenti nazionali) e competenze strettamente politiche. In questo secondo campo avrà tuttavia un concorrente ingombrante: il Consiglio (Europeo). Il Consiglio (dei Ministri) – rappresentante dei governi nazionali – manterrà l’ultima parola su ogni questione fondamentale, non ultima quella delle nomine dei componenti della Commissione, in concorrenza con il Parlamento. Perfino la Corte di Giustizia, titolare del potere giudiziario, potrà accertare e sanzionare le violazioni dei trattati (attraverso la famigerata procedura d’infrazione) solo su impulso della Commissione, che deciderà se avviarla o meno sulla base di valutazioni di opportunità politica. Vent’anni fa, Margareth Thatcher dichiarava di temere la nascita di un Superstato europeo: un’Europa in cui la Commissione avrebbe assunto il ruolo di Governo, il Consiglio di Senato, e il Parlamento di Camera bassa. Ma l’Europa di Lisbona è molto distante da un governo federale, nella struttura oltre che nel lessico e nei simboli.

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L'autore: Andrea Carapellucci

Analista giuridico di TP, si è laureato in Giurisprudenza all’Università di Torino ed è dottorando in Diritto amministrativo presso l’Università degli Studi di Milano.
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