Il trattato di Lisbona, ovvero l’Europa val bene un compromesso

Pubblicato il 4 Ottobre 2009 alle 14:40 Autore: Andrea Carapellucci

Veti e “troike”

E’ opinione diffusa che l’Europa non riesca “a parlare con una sola voce”. Il nuovo trattato diminuisce le materie per le quali è richiesta l’unanimità, semplificando così il funzionamento dell’Unione. Restano esclusi, tuttavia, alcuni importanti settori. Per le decisioni riguardanti la politica estera permarrà infatti il potere di veto di ciascun paese membro. L’implementazione della politica estera e di sicurezza “comune” sarà poi affidata a ben tre figure. Il Presidente, il Presidente della Commissione e l’Alto Rappresentante (che assumerà di diritto la carica di vice-presidente della Commissione). Non senza ironia, qualcuno ha sottolineato che la “nuova Europa” somiglierà, sotto questo profilo, alla vecchissima Europa delle “troike”. In passato, il sistema della presidenza semestrale a rotazione consigliava di affiancare, in sede internazionale, al presidente di turno, l’ex presidente (semestre precedente) ed il prossimo presidente (semestre successivo). Un ingegnoso meccanismo consentiva poi che della “troika” facesse sempre parte uno dei “grandi” d’Europa (Francia, Regno Unito, Germania, Italia…). Ebbene: dopo Lisbona, l’Unione vedrà ancora tre diversi rappresentanti ai tavoli internazionali. Secondo una famosa massima, “l’Europa ha bisogno di qualcuno che la Casa Bianca possa chiamare”. Riuscirà il presidente degli Stati Uniti a non sbagliare numero?

L’Europa val bene un compromesso

Questa rapida analisi del Trattato dovrebbe consentire di coglierne il significato fondamentale. Lisbona è nato come – ed essenzialmente rimane – un compromesso. Da un parte, l’esigenza di rendere funzionante un organismo di dimensioni colossali che esercita poteri significativi sui cinquecento milioni di cittadini europei. Dall’altra, il perdurante rifiuto di popoli e governi a dare il vita ad un’ autentica europa federale, in cui sciogliere le rispettive identità e peculiarità. “L’Europa val bene un compromesso”. Accantonata l’ipotesi dell’immobilismo e quella del salto di qualità, si è deciso di procedere con cautela, per preservare quanto faticosamente costruito in cinquant’anni. Il XXI° secolo vedrà probabilmente l’Europa trasformarsi in qualcosa di simile ad una federazione, ma il grande passo non sembra imminente.

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L'autore: Andrea Carapellucci

Analista giuridico di TP, si è laureato in Giurisprudenza all’Università di Torino ed è dottorando in Diritto amministrativo presso l’Università degli Studi di Milano.
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