Capitan Harlock, la censura e Berlusconi

Pubblicato il 28 Luglio 2012 alle 17:02 Autore: Matteo Patané

Una delle critiche più feroci rivolte al berlusconismo inteso come sistema di potere e propaganda della II Repubblica riguarda sicuramente l’utilizzo della televisione come strumento di controllo delle masse.
È in effetti innegabile, come evidenziano anche le serie storiche dei dati AGCom sul pluralismo televisivo, che Berlusconi sia riuscito a trasformare le tre reti Mediaset nel kernel della diffusione del proprio messaggio politico, condizionando in maniera anche pesante l’opinione pubblica pro o contro determinate posizioni.

Quasi per reazione dinanzi all’evidenza e alla portata di un simile fenomeno diventa quasi un obbligo guardare alla televisione del passato come ad una sorta di Eldorado, un luogo ed un momento mitizzato fatto di libertà e professionalità.
In realtà l’utilizzo politico di questo controverso mass media non è un’invenzione del berlusconismo, e uno degli esempi più evidenti di questo fenomeno si verificò alla fine degli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80 con l’invasione, sugli schermi televisivi del Bel Paese, degli anime giapponesi.

capitan harlock

I primi anime ad essere trasmessi in Italia, se si escludono alcuni lungometraggi, furono Barbapapà nel 1976, Vicky il Vichingo nel 1977, Heidi e Atlas UFO Robot nel 1978. A questi precursori seguirono oltre un centinaio di serie animate acquistate tanto dalla RAI quanto dalle televisioni commerciali negli anni a cavallo tra i ’70 e gli ’80, quando una crescente campagna contro i cartoni animati giapponesi provocò uno stop alle tramissioni di nuove serie fino alla seconda metà degli anni ’90.
Un mondo nettamente diverso dall’attuale: un mondo dove non erano ancora stati approvati i decreti Berlusconi (Decreto Legge 694/1984, Decreto Legge 807/2984, Decreto Legge 223/1985) o la Legge 223/1990 (Legge Mammì), un mondo che usciva dalle contestazioni giovanili del 1977, dove lo Statuto dei Lavoratori era una novità, Mediaset non esisteva ancora come la conosciamo, imperversava il terrorismo di destra e di sinistra e la RAI, dopo la riforma del ’75, era rigidamente spartita tra DC, PSI e PCI; un mondo, in sostanza, così diverso nella forma ma così simile nella sostanza a quello attuale.
La comprensione e la contestualizzazione degli scenari politici dell’epoca è fondamentale per cogliere appieno le cause e gli effetti di uno degli strumenti più vergognosi della televisione, la censura, applicato ad un medium che ben pochi legherebbero alla politica, ovvero gli anime. In effetti, buona parte delle operazioni di censura operate dalla televisione italiane sui cartoni animati sono state legate al sesso e alle scene di nudo, basti pensare ai casi di Kmagure Orange Road oppure Sailor Moon; in diversi casi, tuttavia, la matrice della censura fu espressamente di natura politica, e proprio tali casi possono offrire un’importante testimonianza storica dell’uso della televisione come strumento di controllo del pensiero in epoca pre-berlusconiana.
Dopo le prime serie animate giapponesi prettamente dedicate ad un pubblico pre-adolescenziale (kodomo), sostanzialmente innocue, i canali RAI ed in particolare RAI 2 iniziarono tuttavia a interessarsi a serie più adatte ad un pubblico più maturo; tra queste, apparvero ad esempio Lupin III e Capitan Harlock nel corso del 1979, serie considerate da subito molto problematiche perché i loro protagonisti erano uomini che vivevano ai bordi della legge, se non in aperta opposizione. In particolare fu la seconda di queste due serie a subire i tagli più pesanti, tagli che l’edizione integrale della Yamato consente di apprezzare appieno, in quanto non ridoppiati ma lasciati in lingua originale sottotitolata in italiano.

Nell’anno 2977, gli abitanti della Terra, unificati sotto un governo mondiale, trascorrevano i loro giorni nell’apatia. Solo pochi uomini avevano scelto la bandiera della libertà, e sfidando le nuove frontiere dell’avventura erano salpati verso l’immensità, diventando pirati dello spazio. Ma a due milioni di anni luce dalla Terra, un’immensa carovana di astronavi si sta muovendo alla ricerca di un nuovo spazio vitale per la razza mazoniana, che in un tempo ormai remoto discese sulla Terra, ed ora è pronta a rivendicare ciò che ritiene la propria seconda patria. E quando gli osservatori astronomici iniziano a saltare in aria uno dopo l’altro, il governo non trova di meglio che incolpare un outsider, un pirata, una leggenda: Capitan Harlock.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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