Perché la Germania deve ringraziare l’Euro

Pubblicato il 16 Agosto 2012 alle 11:54 Autore: L Undici
Angela Merkel

Dal 1999, anno del debutto della nuova moneta sui mercati finanziari, le cose sono cambiate tantissimo sul fronte tedesco. Principalmente perché la nuova moneta era considerata più debole rispetto al Marco tedesco, poiché espressione anche di economie di paesi più deboli, con squilibri e problemi e che non rispettavano i parametri del trattato di Maastricht, quali Italia, Belgio, Spagna e Portogallo. Questo ha favorito senza alcun dubbio le economie dei paesi forti che, grazie alla nuova valuta più debole, potevano esportare i loro manufatti verso l’estero a prezzi più competitivi.

Basta riprendere i dati della bilancia commerciale tedesca per verificarne gli effetti: da un saldo negativo di 32,55 miliardi di Euro nel 1997, ad un saldo positivo di 40,58 miliardi nel 1999 e addirittura 127,85 nel 2001. Un’inversione di tendenza tanto drastica quanto repentina! Un incredibile flusso di denaro estero che si è riversato nel Paese, favorendo una crescita tecnologica e di competenze, e finanziando crescita e sviluppo. Certo, ahimè, nessuno considera che una vasta parte di quei soldi sono finiti in mano alle banche e queste ne hanno approfittato per aumentare a dismisura la speculazione, innalzando il grado di leverage e di rischio delle proprie operazioni.

Gerhard Schröder,

Gerhard Schröder, cancelliere tedesco dal 1998 al 2005

Ma non voglio analizzare questo punto adesso. La percezione di un’economia forte e sana, insieme ad un afflusso di denaro così ingente, al contrario di quello che succedeva in altri Paesi, Italia in primis, ha favorito anche un abbassamento dei tassi di interesse sul debito pubblico. Questo perché la Germania viene vista sempre più come un porto sicuro, o safe haven come dicono gli inglesi, mentre le economie periferiche vengono percepite all’esatto contrario. Questo abbassamento costante dei tassi di interesse sul debito sovrano tedesco, soprattutto negli ultimi due anni, ovvero da quando la crisi si è acuita ed i Paesi periferici hanno iniziato ad avere problemi ben seri, tali da mettere a rischio la solvibilità degli stessi, ha portato ad un paradosso: oggi un soggetto, diciamo avverso al rischio, investendo dei soldi sui titoli di stato tedeschi a breve scadenza, diciamo 24 mesi, ha un ritorno reale  in termini percentuali, ovvero considerando l’inflazione, addirittura negativo! Cioè, io investo i miei soldi e sono pure disposto a perderci pochissimo in termini di potere di acquisto, perché altrimenti, se li parcheggiassi altrove, rischierei perdite molto più grosse!

E così, la Germania sta ristrutturando il proprio debito quasi gratuitamente. Negli anni a venire avrà pochissimi interessi da pagare sui propri Bund e questo potrà liberare ancora più risorse per stimolare la crescita, mantenendo l’alto livello di competitività acquisita. L’altra faccia dell’Europa è quella italiana, spagnola, irlandese, portoghese e belga, dove i tassi per il rifinanziamento del debitopubblico stanno crescendo esponenzialmente, mettendo sotto scacco le finanze ed i conti pubblici, e quindi qualsiasi programma o progetto di crescita.

Anzi, se ci aggiungiamo i programmi di austerity, tanto cari alla Merkel, ecco che il cocktail per un’esplosione della crisi è pronto. Ultimamente rimango stupito da quanto la cancelliera abbia una visione miope e rimanga ancorata alle sue convinzioni senza segni di apertura. La paura più grande della Germania è e sarà sempre l’inflazione. Dai tempi di Weimar e del successivo avvento del nazismo è l’incubo che tormenta i sonni tedeschi. Ma è un incubo stupido e troppo fuori dalla realtà! Una realtà che oggi ci parla di deleveraging a tutti i livelli, dallo Stato alle banche, alle imprese per finire fino alle famiglie. La crescita infinita, fondata sul debito facile, è stata una chimera.

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L'autore: L Undici

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