La strada stretta di una sinistra di governo. Terza parte. Le forze politiche.

Pubblicato il 11 Settembre 2012 alle 15:27 Autore: Giacomo Bottos
sinistra

Per quanto riguarda le alleanze, l’unione con l’UDC non è esclusa da nessuno nel caso questa sia necessaria a formare una maggioranza stabile. Quello che cambia è la valutazione del significato. Per i filomontiani si tratterebbe di un’alleanza organica, di un asse forte di governo concepito come la continuazione dell’esperienza del governo tecnico (e l’alleanza si potrebbe persino estendere a FLI e a parti del PDL). Per i fautori di una sinistra di governo l’alleanza con l’UDC andrebbe invece concepita come un accordo tra forze ben distinte vincolato ad un programma ben preciso, finalizzato ad effettuare alcune riforme fondamentali in accordo con la concezione di una legislatura “costituente” portata avanti da Pierluigi Bersani. Comunque, tra le due alleanze, quella con SEL e quella con l’UDC, la bilancia penderebbe nettamente verso la prima.

SEL da parte sua dovrebbe continuare a insistere nella critica del governo Monti, evitando di farsi assorbire nel ruolo di sinistra interna sostanzialmente inoffensiva al quale vorrebbero relegarla i sostenitori di Monti.

Più complesso è il discorso per quanto riguarda l‘Italia dei Valori, che inizialmente era stata inclusa nella coalizione con la ormai celebre “foto di Vasto”. La questione per quanto riguarda l’IDV è problematica perché nel rapporto con questa forza la questione sociale si intreccia alla questione del giustizialismo. Di Pietro non aveva mai insistito particolarmente in passato sulla questione sociale e sulla critica al liberismo. Si è attestato più di recente su questi temi a causa dell’esaurimento del ciclo berlusconiano, che faceva venir meno l’antiberlusconismo, una delle principali ragioni sociali del suo movimento. In seguito alla caduta di Berlusconi si è avviata all’interno della sinistra un riflessione sul tema del giustizialismo che, almeno da Mani Pulite era stato sentito come rilevante da una parte importante dell’elettorato. Si è avviata un’autocritica, che si è esplicata, ad esempio, nella divergenza di opinioni tra Eugenio Scalfari ed Ezio Mauro da una parte e Gustavo Zagrebelskij dall’altra all’interno di Repubblica e nella scissione del giornale “Pubblico” dal “Fatto Quotidiano”.

Al di là delle valutazioni che si possono dare sul tema del giustizialismo, questo cambio di sensibilità testimonia il cambiamento d’epoca che stiamo vivendo. La crisi richiede che la sinistra rimetta al centro della sua azione e del suo patrimonio ideale la riflessione sulle questioni sociali ed economiche, sul tema dell’uguaglianza e del welfare. Queste sono le tematiche che vanno messe al centro dell’azione politica.

E’ per questo che, se l’esclusione di Di Pietro può servire a chiarire le ambiguità sul tema del giustizialismo, questo non deve significare una chiusura verso parte dell’elettorato che ha votato per queste forze, che ha invece a cuore la questione della giustizia sociale e porta avanti una critica verso l’assetto presente dell’Europa. Se a queste istanze non viene data una prospettiva politica concreta, il rischio è che si saldino con quel sempre più vasto bacino del populismo e del ribellismo anti-sistema che si va formando. Si formerebbe così una contrapposizione tra chi è “pro” e “contro” le istituzioni che chiuderebbe qualunque possibilità per una politica orientata al cambiamento.

(continua)

L'autore: Giacomo Bottos

Nato a Venezia, è dottorando in filosofia a Pisa, presso la Scuola Normale Superiore. Altri articoli dell’autore sono disponibili su: http://tempiinteressanti.com Pagina FB: http://www.facebook.com/TempiInteressanti
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