Dietro le parlamentarie: scalabilità vs certificazione

Pubblicato il 11 Dicembre 2012 alle 19:00 Autore: Matteo Patané
bersani e grillo

La dialettica tra partecipazione e preservazione dell’identità, tra contaminazione da parte della società civile e autodifesa da OPA ostili è naturalmente un tema aperto, ed è difficile definire con certezza quale sia la posizione più corretta che un partito possa tenere in un simile frangente.
Ogni scelta ha i propri vantaggi e svantaggi, ma proprio ragionando sulle – pur legittime – scelte intraprese si possono cogliere alcune importanti considerazioni sullo spirito che anima rispettivamente il centrosinistra e il MoVimento.
I progressisti hanno scelto di non rinunciare, in ultima analisi, all’apporto della società civile, di portatori di idee e interessi anche esterni – ma sempre compatibili – rispetto alla cultura dei partiti della coalizione. Italia Bene Comune si è presentata come una coalizione se non propriamente scalabile quantomeno indirizzabile, entro certi limiti, dall’esterno.
Al contrario l’autodifesa e la non contaminazione del voto sono stati i dogmi delle parlamentarie del MoVimento 5 Stelle: l’area dei simpatizzanti, di quella massa inerziale che non desidera affrontare gli oneri della militanza ma che non disdegna forme di partecipazione più light è stata completamente esclusa dalla votazione, così come sono mancati gli apporti della cosiddetta “società civile”.

Sarebbe indubbiamente facile rinfacciare al MoVimento, che si propone proprio di portare i comuni cittadini al potere, una scelta che invece esclude i cittadini dai processi decisionali del partito; e sarebbe altrettanto facile vedere nella paura la causa prima di un simile gesto.
Paura di infiltrazioni di simpatizzanti di altre aree politiche, paura del potenziale peso di interessi di potere sgraditi, paura anche – almeno per i detrattori del MoVimento – dell’inevitabile perdita di controllo di Grillo e Casaleggio sulla vita quotidiana del partito.
Vi sono tuttavia ragioni ancora più profonde a motivare una simile scelta, ragioni che devono indurre a profondi ragionamenti sulla natura del MoVimento 5 Stelle e sulla sua rapida ascesa.

Il MoVimento 5 Stelle nasce come concretizzazione e formalizzazione di un fenomeno più vecchio, che consisteva in una sorta di certificazione che Grillo forniva a enti amministrativi o semplici politici in funzione delle loro idee e delle loro azioni.
Questa base ideologica certificatrice, ora è chiaro, non è mai scomparsa dal DNA del M5S, ma emerge proprio in occasione degli appuntamenti più importanti. La società civile, l’apporto dei cittadini, non sono stati esclusi aprioristicamente, ma in quanto non certificati, non “a cinque stelle”: un voto esterno al MoVimento non è un voto di cui il MoVimento si fida, e quindi non ne accetta il valore nei processi decisionali interni.
A differenza del centrosinistra, che accettano l’interazione con entità esterne, il MoVimento 5 Stelle non ammette una permeabilità con l’esterno, ma richiede una certificazione – l’ingresso nel MoVimento stesso – per poter partecipare alla vita del partito.
Esattamente il contrario della scalabilità: non sono i cittadini che indirizzano il partito, ma è il partito che ammette i cittadini a poter discutere della vita del partito. E chi ha il potere di ammettere o rifiutare i cittadini dentro il partito, comanda di conseguenza il partito.

Perché questo? Mantenere la propria purezza verso gli inevitabii influssi provenienti dall’eterno è una spiegazione plausibile, ma che certamente lascia insoddisfatti e tratteggia in maniera anche critica il MoVimento ed il suo operato.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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