Sinistra. Vendola o Ingroia. Frattura Governo-Opposizione.

Pubblicato il 19 Febbraio 2013 alle 16:37 Autore: Federico De Lucia

La prima volta che la rottura è avvenuta per davvero e senza eccezioni, è stata la catastrofe. I flussi elettorali mostrarono chiaramente due fenomeni simultanei: una dose massiccia di astensionismo e un evidente movimento di elettori a favore del centrosinistra (il famoso “voto utile”). Da una parte dunque, insoddisfazione, dall’altra comportamento strategico degli elettori.

La terribile sconfitta subita è stata propedeutica a far esplodere definitivamente la frattura fra governisti e oppositori.

Una frattura che sino ad allora era rimasta in qualche modo sottaciuta nella conformazione dei partiti ma che è risultata al contrario evidente nel comportamento politico dei loro esponenti in entrambe le esperienze di governo che essi hanno vissuto.

È significativo notare come, una volta fuori dalla rappresentanza nazionale, questa frattura si sia manifestata, di colpo e in modo drammatico, in tutti i partiti che avevano dato vita al cartello della Sinistra Arcobaleno. Quattro partiti, quattro scissioni.

I governisti dei quattro soggetti politici in questione si sono uniti nel nuovo partito di Vendola, Sinistra Ecologia e Libertà, mentre le correnti più radicali e massimaliste se ne sono tenute fuori: chi, come i Verdi, cercando di rilanciarsi autonomamente, chi, come PRC e PDCI (oltre che uno spezzone di SD), agglomerandosi in un nuovo soggetto, la Federazione della Sinistra.

Dopo tre anni di competizione d’area a livello di elezioni regionali e amministrative, oggi i nodi sono venuti finalmente al pettine. La scelta di Bersani di fare un accordo con Vendola ma di escludere tutti gli altri ha identificato in modo inequivocabile le posizioni politiche difformi. Fuori dalla coalizione di centrosinistra, ed in opposizione ad essa, è sorto un nuovo agglomerato di sinistra radicale. “Rivoluione civile” guidato da Antonio Ingroia, che (oltre a candidare vari esponenti civici) unisce PRC, PDCI, i Verdi e ciò che resta di una IDV decimata dagli scandali e annichilita dalla concorrenza di Grillo.

Oggi, dopo venti anni di incertezza, durante i quali questa domanda non è stata loro posta in modo esplicito e chiaro, gli elettori della sinistra radicale italiana hanno la possibilità di scegliere fra una sinistra di governo e una sinistra d’opposizione. La sfida tra Vendola e Ingroia è una vera e propria resa dei conti fra linee politiche alternative. Da quando la sinistra radicale si è posta il problema se partecipare o meno ai “governi borghesi” la questione non è mai stata risolta definitivamente.

Immagine idealtipica di questa ambiguità di fondo è quella, evocata molto spesso, dei ministri in piazza a manifestare contro il loro stesso governo. Ebbene. Stavolta saranno gli elettori a decidere se l’ambizione della sinistra radicale italiana è quella di stare in piazza o dentro un ministero.

Ma il contesto normativo e strategico di contorno non è affatto neutrale. Alle europee del 2009 i due soggetti si presentarono uno contro l’altro, e rimasero entrambi sotto la soglia del 4%. Oggi il rischio è lo stesso, ma a correrlo è solo uno di loro: la soglia del 4%, alle politiche, vale infatti solo per chi corre non coalizzato, e quindi Vendola ne è dispensato.

A questo si aggiunge un’altra dinamica, che si pone alle politiche ma non alle europee: quella del “voto utile” ad accaparrarsi il premio di maggioranza. Prospettiva molto attraente per un elettorato attento ed informato come quello in questione, che sa benissimo di correre il rischio di regalare qualche regione a Berlusconi. È verissimo che la somma di PRC, PDCI, Verdi e IDV sembrerebbe proiettarsi oltre la soglia del 4%, e che i sondaggi sembrano averlo testimoniato sino all’ultimo, ma forse nessuno si ricorda che al momento del blackout sondaggistico di due settimane anteriore alle elezioni del 2008 la Sinistra Arcobaleno era data oltre il 7%.

Il voto utile e l’astensionismo portarono ad un tracollo che i sondaggi non avevano assolutamente previsto, ed allora l’elettorato di sinistra radicale non aveva nemmeno una “seconda scelta” come quella che rappresenta oggi SEL. Insomma, in questa sfida ventennale, i meccanismi della legge elettorale fanno occupare a Vendola una posizione decisamente avvantaggiata, mentre per Ingroia, al contrario, la strada è a dir poco in salita.

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