Il PD è in un “cul de sac”

Pubblicato il 5 Marzo 2013 alle 16:12 Autore: Gianluca Borrelli

Questo profumo è notoriamente molto sgradito alla maggioranza degli italiani, ma il vecchio apparato ha visto la concorrenza a terra, divisa e debole ed ha pensato che poteva essere la grande occasione per prendersi una rivincita personale contro il nemico di sempre. Non ha pensato all’Italia, infatti il messaggio politico è tuttora estremamente confuso. L’unica cosa che ricordo è che Bersani ha proposto di dare la cittadinanza italiana ai figli degli immigrati nati in Italia. Tema molto identitario e di sinistra. Chi gli ha detto che così facendo vinceva le elezioni ha fatto male i calcoli. Per il resto ricordo l’ennesimo “faremo la legge sul conflitto di interessi” e altre cose che hanno avuto occasione di fare in passato ma che non hanno mai davvero voluto fare.

Il sigillo finale alla forzatura delle primarie venne dal comitato dei garanti. Un comitato nominato da 3 partiti, 2 dei quali coi rispettivi capi candidati ed un terzo che non vedeva nessun candidato in lista ma appoggiava uno dei 2. Quindi pur essendo la contesa tra candidati i garanti garantivano i partiti, per cui garantivano il segretario di partito appoggiato al secondo turno da tutti i partiti di IBC. Scandalosa la delibera 26 del 29 novembre fatta all’unanimità per impedire che altra gente si presentasse a votare al secondo turno per Renzi. Tutta quella gente che doveva portare una giustificazione per poi essere anche respinta senza motivo per una regola creata ad hoc “manu militari” da questo sedicente comitato dei garanti (ma nei fatti garanti solo della candidatura dell’apparato) ha risvegliato il sospetto di metodi sovietici di una sinistra che ha perso il pelo ma non il vizio. Ridicolo Luigi Berlinguer nelle sue giravolte, prima disse che potevano votare tutti poi si mangiò la parola. Anche Carlo Verdone fu respinto e accennò all’apparato.

La presa in giro delle primarie (che – va detto – avrebbero probabilmente visto vincente Bersani in ogni caso) è stata descritta bene anche da Cristiana Alicata qui. Tutto questo affannarsi a manipolare in maniera chirurgica il risultato è stato non solo inutile ma anche dannoso. Inutile perché mi è capitato di vedere come i “tifosi” di sinistra sui social network dessero la caccia ai renziani insultandoli e prendendoli in giro: “traditori”, “infiltrati”, “untori”, “berluschini” ecc… infuriati per i 20 punti di Renzi al punto da scatenare una vera e propria caccia all’uomo da parte dei più fanatici ai quali io ho risposto per giorni “bravi continuate così, ci vediamo alle elezioni…”

Non solo i 20 punti che fanno la differenza tra “noi” e “loro” ma anche una diversità generazionale, come ha candidamente ammesso pure Michele Serra su Repubblica.

Delle primarie per scegliere i parlamentari nemmeno ne parlo, visto che furono tenute incredibilmente sotto capodanno (non ce ne era bisogno si potevano fare anche 2 settimane dopo permettendo anche un po’ di campagna elettorale vera ai candidati), in 2 giorni, in una confusione incredibile nella quale non si capiva se i candidati che votavi sarebbero stati messi in lista eventualmente alla Camera o al Senato, e senza sapere dove e quanti sarebbero stati quelli “catapultati”, nei primi posti dei listini, dalla segreteria.

Il conflitto generazionale è l’elemento che probabilmente diventerà il più interessante di qui a breve: il PD è un partito nato vecchio e per vecchi che difende insieme al sindacato gli interessi e i privilegi dei vecchi a discapito inevitabilmente delle nuove generazioni.

Le parole sui giovani sono tutte parole di circostanza. Quando si vogliono mantenere le tutele anacronistiche dei tutelati e dei privilegiati, quando si vuole continuare a fare andare in pensione la gente a 57 anni sapendo che oramai in media si campa fino quasi a 90, senza toccare i privilegi di chi prende soldi che non ha mai messo da parte, soldi grazie al lavoro dei giovani di adesso, che questi ultimi non vedranno mai, è inevitabile che il conflitto generazionale inizi a farsi strada.

Il PD in questo momento è il partito della conservazione, della stagnazione, della staticità, in un momento in cui ci vorrebbe coraggio e dinamicità (e anche tanta fortuna). Per questi motivi è difficile credere che alla fine il PD non faccia l’alleanza col PDL sperando di sopravvivere altri 5 anni sfruttando fino all’ultima goccia di potere, mangiando fino all’ultima mollica di pane, e poi chi vivrà vedrà…

Le soluzioni in teoria ci sarebbero anche, e il PD potrebbe smentirmi (cosa che spero per il bene del paese) eleggendo subito un nuovo Presidente della Repubblica e facendo sciogliere le camere in modo da votare a giugno 2013. Non ci resta che aspettare e vedere quello che succederà.

L'autore: Gianluca Borrelli

Salernitano, ingegnere delle telecomunicazioni, da sempre appassionato di politica. Ha vissuto e lavorato per anni all'estero tra Irlanda e Inghilterra. Fondatore ed editore del «Termometro Politico».
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