Uscire o non uscire dall’Euro?

Pubblicato il 19 Marzo 2013 alle 17:29 Autore: RockEconomics

 

Nel frattempo, l’inflazione creata immediatamente dopo l’uscita dall’Euro ha un altro effetto, meno visibile ma estremamente importante, sui risparmi dei singoli cittadini. L’inflazione di una valuta non va a toccare il valore nominale dei risparmi (se nel mio conto in banca ho 100, anche dopo l’inflazione continuerò ad avere 100) ma ne uccide il valore reale, attraverso il sopraccitato aumento dei prezzi. Quando prima potevamo permetterci di acquistare una certa quantità di beni con i risparmi di 100, ora ce ne possiamo permettere una minore, forse addirittura insufficiente.

Questo secondo effetto delle politiche inflazionistiche fagocita i risparmi dei singoli cittadini, causando non soltanto quindi un crollo dei consumi, ma anche una fortissima erosione dei potenziali investimenti che i cittadini, direttamente o attraverso le banche, avrebbero potuto effettuare.

La forte diminuzione degli investimenti è un ulteriore taglio all’ossigeno che le imprese necessitano per stare a galla e fronteggiare l’aumento dei costi successivo all’inflazione. Le imprese meno solide sono quindi costrette a chiudere, mentre quelle più solide sono costrette alla riduzione del personale, o finchè possibile alla delocalizzazione. Il risultato è comunque un aumento generalizzato della disoccupazione, che a cascata influirà sul crollo dei consumi (meno stipendi pagati equivalgono a minori consumi, a una contrazione della domanda e quindi dell’offerta che in una simile situazione non può rischiare di sovrapprodurre, in un circolo vizioso fortemente distruttivo). Effetto secondario della grande massa di disoccupati sarà il pesare sugli strumenti di ammortizzazione sociale, e quindi la generazione di ulteriore inflazione, chiudendo il cerchio.

Riassumendo, i risultati dello scenario “Autarchia Monetaria” sono i seguenti:

aumento generalizzato dei prezzi al consumo, tra i più visibili quelli della benzina, delle bollette e dei beni di consumo quotidiano.

Povertà diffusa, generata dalla doppia azione dell’aumento dei prezzi e dell’erosione dei risparmi.

Fortissima disoccupazione, a causa della contrazione del tessuto industriale o del suo trasferimento all’estero.

Fortissima disoccupazione anche all’interno del settore pubblico, in particolare quindi una contrazione e un crollo della qualità nella Sanità pubblica e nell’Istruzione.

Crollo della credibilità internazionale e generale isolamento del Paese.

Basterebbe questo per comprendere che qualsiasi richiamo all’uscita dall’Euro gronda populismo, cioè considera, con tempistiche puramente gastroventrali, gli effimeri vantaggi di una politica e ignora o tace delle pesantissime conseguenze di tale politica. Tuttavia vorrei, come esercizio intellettuale, calcare ulteriormente la mano e descrivere brevemente quali possono essere gli scenari successivi, a partire da quello appena dipinto.

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