Quo vadis Italia? Crisi politica e scenari futuri

Pubblicato il 11 Marzo 2013 alle 18:00 Autore: Gianluca Borrelli

Altri pensano che queste sensibilità “etiche” siano strumentalizzate da falsi moralisti che approfittano della buona fede di un enorme gruppo di ingenui sconnessi dalla realtà. Un enorme gruppo di “fanciulloni” buonisti che hanno come stella polare il politically correct e passano la vita a indignarsi per frasi sentite da altri.

A parole le “anime belle” gridano in tutti i modi (dicendolo in buona fede, sia chiaro) che sono per la “meritocrazia” a tutti i livelli. All’atto pratico sembrano non avere la più pallida idea di cosa significhi (ed è in effetti difficile come concetto, come è emerso in una bellissima discussione sul nostro forum), visto che non legano assolutamente il loro comportamento elettorale coi risultati ottenuti da chi hanno votato, e visto che la loro fede verso il parlamentarismo, e ciò che a chiacchiere può essere definito politically correct, è incrollabile. Rosy Bindi, per esempio, ha dimostrato di non essere all’altezza del compito che ricopre ma va difesa anche perché vittima degli insulti poco galanti fatti costantemente da Berlusconi verso di lei, ma come lei ci sono un sacco di vittime della mancanza di “bon ton” da tutelare. Anna Finocchiaro va difesa in quanto donna (è stata persino avanzata una sua candidatura al Quirinale in quanto donna) malgrado siano anni che ripete in tv, dopo ogni sconfitta, la stessa frase: “non siamo stati bravi a comunicare con gli elettori”. Dopo oltre dieci anni che dice la stessa cosa a qualcuno non viene il dubbio che non sia proprio arte sua? Eppure è donna e quindi, siccome candidare una donna è politically correct, fare il suo nome significa strizzare l’occhio a questo tipo di elettorato, che giura di essere per la “meritocrazia” ma che evidentemente non ha ben chiaro di cosa si tratti.

Ora, dopo questa premessa, torniamo al tema del “cosa accadrà a breve” continuando il discorso iniziato nella puntata precedente. Dopo la serie di inutili schermaglie dialettiche di questi giorni il primo passo vero sarà fatto il 15 marzo con l’elezione dei presidenti di Camera e Senato.

Qualcuno nel PD (D’Alema) chiede che si dia la presidenza del Senato al PDL e quella della Camera al M5S.

Posto che il M5S rifiuterà certamente – ed è difficile aspettarsi che Grillo non si sieda sulla riva del fiume ad aspettare il cadavere dei partiti tradizionali – ci dovremmo trovare in uno scenario con la Camera presieduta da un membro del centrosinistra e il Senato presieduto da un membro del centrodestra. L’alternativa è dare una delle due camere al gruppo dei montiani i quali possono garantire in cambio i voti necessari per un Presidente della Repubblica scelto dal centrosinistra e stringere un patto elettorale per le prossime elezioni con il PD magari a guida renziana (diversi degli eletti nella lista di Monti erano militanti o iscritti al PD di fede renziana fino a dicembre scorso). Sarebbe la cosa più facilmente digeribile dalla base degli elettori di centrosinistra, ma i voti dei montiani non bastano al Senato. Quindi tutto questo dovrebbe implicitamente avere il gioco del voto contrario di soli 15 (e non di più) senatori del M5S mentre gli altri dovrebbero uscire dall’aula. In questo modo potrebbero eleggere il Presidente del Senato senza temere richieste di controllo del numero legale in aula. Questo sarebbe il prodromo della nascita di un governo di minoranza (a meno che il PDL non si spacchi soprattutto al Senato ma la cosa appare, al momento, difficile), che faccia pochissime cose e poi porti al voto di nuovo. Voto che comunque non potrebbe essere proprio immediato e slitterebbe probabilmente ad ottobre prossimo con tutti i rischi del caso, ovvero passare mesi senza un governo… questo già solo per una questione di tempi tecnici della nostra farraginosa democrazia.

Lo scenario quindi inizia a dare delle indicazioni da non sottovalutare: se il Presidente del Senato sarà del PDL è estremamente probabile un governo (tecnico o politico non importa) che sia sostenuto da PD e PDL. Se uno dei due presidenti sarà della lista Monti e l’altro del centrosinistra allora è probabile che ci sarà un governo di minoranza e che si torni presto al voto.

Un passo successivo vede la formazione vera e propria del Governo, se saremo nello scenario di Senato al PDL vedremo un tentativo suicida di Bersani infrangersi al Senato, cosa che darà forza a chi vuole un accordo in qualche forma con il PDL e questo si materializzerà in maniera definitiva dal 15 aprile se il nome scelto per la Presidenza della Repubblica sarà frutto di un accordo tra centrodestra e centrosinistra, escludendo di fatto Monti e il M5S. Il nome molto gradito a Berlusconi è quello di Amato, ex craxiano e personalità di alto profilo del centrosinistra italiano da sempre. Evidentemente Berlusconi ritiene una presidenza Amato una garanzia per sé e per il suo assetto di potere visto che lo propone ogni 7 anni dal 1999 al 2006 fino a oggi. Ma anche D’Alema è un candidato molto forte e molto gradito al cavaliere.

E’ possibile pure che cerchino di bruciare un nome importante come quello di Prodi facendolo impallinare dai franchi tiratori del PD (quelli che vogliono a tutti i costi l’accordo col PDL e con Berlusconi, e dopo il 15 aprile vedremo quanti sono) per poi forzare la mano agli altri colleghi di partito verso una candidatura gradita al cavaliere, che aspetta ad occhi chiusi che qualcuno nel PD lavori per lui.

E’ evidente che se il prossimo Presidente della Repubblica sarà Amato (o D’Alema) l’accordo PD-PDL sarà quasi automatico. Ad onta di tutti quegli elettori del PD che in queste ore si sgolano a dire “mai un accordo col PDL altrimenti non vedranno mai più il mio voto”. Tranquilli, qualche voto lo perderanno per strada, come sempre, ma poi il grosso voterà PD lo stesso per il ragionamento fatto sopra: questo accordo sarà frutto di una sintesi parlamentare, e questo genere di elettore ha il dogma del parlamentarismo. Aggiungete a questi quelli delle clientele passate presenti e future (perché una cosa è certa la spesa pubblica con un governo PD-PDL esploderà in una maniera tale che a confronto Craxi si rivelerà un dilettante) e otterrete un blocco di potere autoreferenziale granitico di almeno il 15-20%. Ovviamente Berlusconi avrebbe qualsiasi salvacondotto per sé e per le sue aziende (che, non dimentichiamoci, sono una “risorsa per il Paese” come disse l’amabile D’Alema nel 1996), ma questo sempre in nome del bene della nazione, ovvio no?

(Per continuare la lettura clicca su “3”)

L'autore: Gianluca Borrelli

Salernitano, ingegnere delle telecomunicazioni, da sempre appassionato di politica. Ha vissuto e lavorato per anni all'estero tra Irlanda e Inghilterra. Fondatore ed editore del «Termometro Politico».
Tutti gli articoli di Gianluca Borrelli →