Governo a qualsiasi costo? Ma per fare cosa?

Pubblicato il 28 Marzo 2013 alle 19:00 Autore: Gianluca Borrelli
Governo a qualsiasi costo?

– non lo hanno dichiarato inelegibile

– non hanno toccato le tv

– hanno permesso a Mediaset di fare salire il proprio fatturato di ben 25 volte

Sabina Guzzanti si chiede alla fine “in nome di quale mandato elettorale” e “nell’interesse di chi?”.

Queste sono due domande retoriche che hanno risposte molto semplici: nessun mandato elettorale e nell’interesse esclusivo di Berlusconi.  La domanda da fare sarebbe stata piuttosto “in cambio di cosa?”. Perché in tutta questa faccenda sfugge quale potesse essere nel 1994 il potere contrattuale di Berlusconi.

Parliamo evidentemente della caduta del Berlusconi I alla fine del 1994 (così dice nel video). Berlusconi non aveva più la maggioranza alla Camera dopo la rottura con la Lega, mentre al Senato la situazione era pure peggiore. Infatti nella “camera alta” la maggioranza non l’aveva mai avuta avendo eletto solo 157 senatori, quindi non aveva né la maggioranza degli eletti (158 su 315) né la maggioranza in aula, visto che all’epoca c’erano ben 11 senatori a vita che portavano il plenum alla ragguardevole cifra di 326 senatori (questo a causa della interpretazione della legge sulla nomina dei senatori a vita fatta da Pertini e Cossiga che a differenza della prassi attuale non prevedeva che ci fossero massimo 5 senatori a vita a nomina presidenziale ma che ogni presidente ne potesse nominare 5 indipendentemente da quanti ce ne fossero già in Senato).

Ottenne quindi l’iniziale fiducia al Senato grazie a dei “transfughi” ed ai senatori a vita, e grazie ad essi fece nominare presidente del Senato Carlo Scognamiglio interrompendo per primo la consuetudine di dare una delle presidenze delle camere all’opposizione. Al destino non manca il senso dell’ironia visto che di tutte queste cose Berlusconi stesso ne ha fatto cavalli di battaglia come cose che lui combatteva: “i ribaltonisti”, “i senatori a vita che tenevano in vita il Governo Prodi II” e il fatto che la maggioranza “pigliatutto” si prendesse sia la presidenza della Camera che quella del Senato.

Tutte cose che ha introdotto lui nel 1994 e tutte cose che gli si sono ritorte contro in qualche modo. Notevole la sua sfacciataggine nel lamentarsi di cose da lui introdotte, ma notevole anche la pazienza dei suoi avversari nel subire questa incredibile ipocrisia senza rinfacciargliela con la stessa forza.

Direbbe il Manzoni “se uno il coraggio non ce l’ha mica se lo può dare!”. Ma qui c’è qualcosa di più perché non basta la codardia a spiegare il comportamento del centrosinistra in quelle circostanze, devono per forza esserci delle altre ragioni che noi non conosciamo per spingere il PDS dell’epoca ad un patto così umiliante ed alla resa incondizionata verso un personaggio che con la rottura con la Lega, non aveva nemmeno lontanamente più la maggioranza, né alla Camera, dove prima era molto forte, né al Senato, dove la maggioranza non c’era mai stata.

La domanda è quindi “in cambio di cosa?”, perché hanno accettato in maniera così succube delle condizioni così umilianti per essere poi trattati in quel modo negli anni successivi. Cioè non solo si erano sottomessi in maniera totale ma venivano pure derisi insultati e umiliati.

(Per continuare la lettura clicca su “3”)

L'autore: Gianluca Borrelli

Salernitano, ingegnere delle telecomunicazioni, da sempre appassionato di politica. Ha vissuto e lavorato per anni all'estero tra Irlanda e Inghilterra. Fondatore ed editore del «Termometro Politico».
Tutti gli articoli di Gianluca Borrelli →