Bossi vs Maroni tensione in casa Lega

Pubblicato il 1 Giugno 2013 alle 13:49 Autore: Alessandro Genovesi

Sale la tensione nella Lega Nord, in seguito ai deludenti risultati delle amministrative. E, inevitabilmente, Umberto Bossi rialza la testa e attacca il leader Roberto Maroni.

Il fondatore del movimento politico del nord si scaglia contro il presidente della regione Lombardia “Maroni vuole fare tutto, vuole fare i comizi e tanto altro. Deve fare un passo indietro”, attacca il Senatùr. “Abbiamo dato l’immagine di una Lega divisa. Quando c’ero io si era tutti uniti”.

È un Bossi a tutto tondo, che ormai non si frena più. Sul Fatto Quotidiano di ieri è stata pubblicata un’intervista di fuoco del fondatore, che attacca il gruppo dirigente del Carroccio per il trattamento che hanno subìto i figli e poi minaccia: “Aspetto il congresso, hanno distrutto la Lega. Mi candiderò prima che non ne rimanga nulla”.

Nessun nuovo partito nella volontà di Bossi: “Volevamo e potevamo farlo. Per recuperare i tanti che sono stati cacciati, allontanati, emarginati ingiustamente dopo aver dato la loro vita per la Lega”. E ancora: “Maroni non è adatto a guidare il partito, ha trasformato i nostri ideali in burocrazia, e poi la Macroregione è un progetto irrealizzabile”.

Ma in via Bellerio, dove nel pomeriggio si è riunito il Consiglio federale, gli attacchi di Bossi non sortiscono effetti. Certo, prima della riunione, Roberto Maroni ha lanciato un monito piuttosto chiaro: “Io sono il segretario federale eletto dal congresso, quindi chi non è d’accordo se ne può andare, il mondo è grande”. Eppure, non ha voluto dare troppo peso alle parole del suo predecessore “Le sue sono solo opinioni personali – ha tagliato corto Maroni -. Non le condivido, ma non dirò mai cose contro Bossi”.

Tuttavia sembra che, nella pentola del Governatore lombardo, qualcosa stia bollendo, se è vero che  si è iniziato a vociferare di tagliare molte spese superflue, tra cui l’appannaggio che ogni anno riceve lo stesso Bossi. Anche perché, in tempi di abolizione di finanziamento pubblico ai partiti, ciò che ancora percepisce il Senatùr dal partito non sembra propriamente una mancia.

Il Consiglio federale lo riassume così: “circa 500 mila euro per le spese di segreteria e di cura di Bossi: assistenti per la malattia, autisti, aiutanti; “150 mila euro senza causali particolari”, ovvero una sorta di stipendio per Bossi;  infine, “circa 200 mila euro per la scuola Bosina”, ossia l’istituto fondato a Varese dalla moglie di Bossi Manuela Marrone.

Sommando il tutto, si arriva alla modica cifra di circa 850.000 euro: troppo, in un periodo in cui tutti devono tirare la cinghia. Ecco che, allora, si parla di ridurre a un terzo il considerevole importo che percepisce l’ex leader del Carroccio.

Per quanto riguarda il capitolo elezioni amministrative, i due più stretti collaboratori di Maroni ammettono la debàcle: Flavio Tosi parla di “disastro” e aggiunge che, “almeno a livello locale, la strada maestra è ormai quella delle liste civiche”. Matteo Salvini invece si schermisce ammettendo di non voler “fare come Beppe Grillo, che dice che è colpa di chi vota. La colpa è evidentemente nostra, che non ci spieghiamo abbastanza bene. Chiediamoci dove abbiamo sbagliato”.

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L'autore: Alessandro Genovesi

Classe 1987, laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Udine, è da sempre appassionato di politica e di giornalismo. Oltre ad essere redattore di Termometro Politico, collabora con il quotidiano Il Gazzettino Su twitter è @AlexGen87
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