Renzi: “Se divento segretario, rottamo le correnti”

Pubblicato il 30 Agosto 2013 alle 20:16 Autore: Gabriele Maestri
renzi disponibile a correre da segretario pd

L’estate, invece, è stata dominata da due domande: quanto dura il governo e che fine farà Berlusconi.

Se sul governo Renzi ripete cose già dette (“Il problema non è quanto dura, ma cosa fa, se risponde alle esigenze degli italiani”), sul Cavaliere parla in modo netto.

“Smettiamo di parlarne – dice fermamente – in un altro paese se ne sarebbe già andato: non giudichiamo chi lo ha votato in 20 anni, ma lasciamo che giudichino loro se hanno avuto quello che si aspettavano”.

Sparge un briciolo di ironia, il sindaco fiorentino, quando dice che “l’unica promessa mantenuta dal Pdl, l’Imu, gliel’abbiamo fatta mantenere noi”, ma è solo l’anticamera del primo affondo durissimo alla precedente dirigenza democratica: “L’unico modo per non accogliere le loro promesse era vincere le elezioni, in democrazia non si deve temere di chiedere il voto degli altri, noi non l’abbiamo chiesto. Chi è convinto della sua identità non mette paletti e si confronta con gli altri”.

renzi

Se è tempo che il Pd, invece che alle promesse elettorali altrui, pensi alle sue, per Renzi si dovrebbe partire dall’eguaglianza (“Pensate alle pensioni d’oro!”) e dalla legge elettorale: “E’ mai possibile che con questa non si sappia chi vince? Prendiamoci quella dei sindaci, piuttosto!”

Certo, il problema dell’Italia era e resta la crisi, ma non solo quella economica: “Il risparmio privato e beni pubblici insieme sono quattro volte il debito pubblico. La vera crisi è educativa, etica, non ci riconosciamo più”. La ricetta, per Renzi, è ripartire dalla scuola, “Smettiamo di umiliare gli insegnanti, ripartiamo dal merito e ricordiamo che la scuola serve a formare un cittadino prima che un lavoratore”.

Va cambiata anche la politica del lavoro (“Il 41% degli svedesi che vanno al centro per l’impiego trova lavoro, in Italia il 3%, all’estero si investe lì mentre noi tagliamo le risorse”), così come il welfare, agendo su quella larga parte di Italiani privi di garanzie e tutele sindacali. “Il Pd è il primo partito tra pensionati e dipendenti pubblici, mentre tra i disoccupati, gli operai e i disoccupati siamo il terzo partito, tra gli studenti ci supera il M5S – denuncia Renzi -. Vogliamo cambiare noi stessi o stare alla finestra?”

Il primo cambiamento, però, deve riguardare il Pd: i colpi più ficcanti arrivano qui. “Caro Epifani, se vogliamo chiamarci Pd, accettiamo l’idea che si rispettano le regole: da statuto entro il 7 novembre va fatto il congresso e non è una questione di principio. Chiediamo agli altri di rispettare le sentenze e noi al nostro interno non rispettiamo le scadenze?

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L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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