Pd: l’assemblea c’è, l’accordo sulle regole no

Pubblicato il 20 Settembre 2013 alle 17:56 Autore: Gabriele Maestri

L’Assemblea nazionale del Partito democratico sta per aprirsi, ma quando il segretario Guglielmo Epifani aprirà i lavori della due giorni, lo farà senza che si sia trovato un accordo sui tempi che il percorso del congresso dovrà avere, né su alcune tra le regole fondamentali dell’assise nazionale. Le divergenze interne al Pd, soprattutto tra il gruppo vicino a Matteo Renzi e i rappresentanti vicini all’ex segretario Pierluigi Bersani  non si sono composte.

Tutto è pronto presso l’Auditorium di via della Conciliazione: una luce blu quasi surreale avvolge il palco della presidenza dell’Assemblea, ma potrebbe dover slittare a domani mattina l’intervento dell’europarlamentare Roberto Gualtieri. Lo stesso Epifani aveva incaricato affinché trovasse una mediazione utile che permettesse di arrivare all’appuntamento di oggi con un canovaccio di regole e date per disegnare il nuovo Pd. almeno in parte da definire.

Qualcuno è pronto a giurare che, pur di arrivare già oggi a una decisione di massima sui tempi, il segretario Epifani nel suo discorso potrebbe cercare di dare un segnale chiaro, proponendo ai componenti dell’Assemblea nazionale che l’elezione del segretario nazionale si svolga il 15 dicembre. L’idea è condivisa soprattutto dagli ex sostenitori di Bersani che ora si riconoscono in gran parte in Gianni Cuperlo, ma continua a non piacere ai renziani, che spingono per il 24 novembre e sono disposti al più a slittare al 1° dicembre.

guglielmo epifani partito democratico

Nel frattempo, chi arriva all’Auditorium della Conciliazione, oltre ad essere occupato a pensare agli altri problemi di regole (soprattutto la coincidenza tra segretario del partito e candidato alla premiership e tempi dei congressi regionali), deve anche affrontare la protesta dei militanti delle associazioni Lgbt: proprio davanti alla sede dell’Assemblea, manifestano contro l’emendamento Gitti alla legge sull’omofobia che non applicherebbe l’aggravante della “legge Mancino” a una dichiarazione omofoba espressa all’interno di un’associazione, compresi i partiti e le confessioni religiose.

“L’emendamento è un’offesa agli omosessuali di questo paese: ancora una volta per un problema interno al Pd, cioè concedere ai cattolici il salva vescovi, è stato trovato un compromesso al ribasso” ha dichiarato il presidente di Equality Aurelio Mancuso, che aggiunge: “”Ivan Scalfarotto si e’ reso complice politicamente di una operazione che rappresenta uno schiaffo agli omosessuali di questo Paese”.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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