La Legge Severino e il pallottoliere

Pubblicato il 21 Ottobre 2013 alle 13:23 Autore: Gabriele Maestri

Ove ce ne fosse stato bisogno, ieri sera il vicepremier e segretario Pdl Angelino Alfano ha enunciato chiaramente la linea del suo partito sulla “legge Severino” che potrebbe portare alla decadenza di Silvio Berlusconi se la sua applicazione fosse retroattiva. “Noi siamo fortemente contrari a questa applicazione retroattiva e speriamo davvero che il Parlamento e il Partito Democratico correggano la propria impostazione”.

Per Alfano “La questione centrale è l’enorme sproporzione, la inaccettabile sproporzione tra i due anni stabiliti dai giudici di Milano e i sei previsti dalla legge Severino. Come si fa ad applicare una legge così afflittiva in modo retroattivo?” Non vengono poste espressamente condizioni dal segretario del partito, ma non viene meno l’invito molto forte a ritornare su una questione già affrontata in Giunta.

angelino alfano primo piano

Più insistente è Sandro Bondi, che questa mattina ha invitato il governo a mettere nero su bianco l’irretroattività della norma sull’incandidabilità: “I dubbi di costituzionalità della legge Severino, sollevati anche da Alfano, oltre alla questione della sua retroattività, possono essere risolti in un minuto dal consiglio dei Ministri se c’è la volontà politica di farlo. La legge delega, infatti, che non è ancora scaduta, offre la possibilità di correggere la legge almeno in un punto essenziale che confligge con uno dei principi fondamentali del diritto, quello della non retroattività della legge penale e amministrativa”.

Non sembra della stessa idea la ministra della Giustizia Anna Maria Cancellieri: “Se qualcuno ha dei dubbi li approfondisca. Io non credo sia il caso di tornare sulla discussione“. Non è un no diretto a un nuovo intervento del governo in materia (anche in forza della delega parlamentare) ma poco ci manca.

bondi napolitano

Nel frattempo, qualcuno sta spolverando il pallottoliere. Perché sempre Bondi, oggi, in un’intervista al Quotidiano Nazionale ha chiarito che l’eventuale voto del Senato a favore della decadenza “sarà solo l’ultimo capitolo del fallimento della pacificazione. Come si può collaborare dopo che il leader che ha consentito la formazione del governo viene estromesso dal Parlamento?” Anche qui, non si dice chiaramente che il Pdl se ne andrà, ma è facile capirlo.

Eppure parlare di numeri certi è per lo meno azzardato. Lo fa capire, senza tanti giri di parole, il senatore di Gal Paolo Naccarato: “Mi consenta il Presidente Berlusconi, con schiettezza cossighiana, di metterlo in guardia: Attento Silvio! sulla decadenza, dallo scrutinio segreto, verranno ulteriori sorprese e più cocenti delusioni“. Naccarato ricorda gli avvertimenti già lanciati a partire da agosto, sulla “spontanea maggioranza silenziosa in nome del primato della coscienza e del senso di responsabilità verso tutti i cittadini italiani”.

paolo-naccarato

Al 2 ottobre così Berlusconi avrebbe scoperto che “23 innovatori, coraggiosi e illuminati, avevano posto la propria firma sul documento di fiducia al Governo di Letta e Alfano, di fatto delimitando – sempre secondo Naccarato – il confine di una maggioranza che da questo punto di vista può considerarsi ormai blindata anche sul piano politico per il futuro sulla linea che ormai è irrobustita da diversi altri senatori”.

“Questo Paese, a stragrande maggioranza moderato, è antitetico a comportamenti laceranti e ad ogni tipo di estremismo – conclude Naccarato – e la leadership dei moderati italiani la si conserva integra solo dentro un ancoraggio forte all’etica della responsabilità, al rispetto delle istituzioni e all’equilibrio dei comportamenti. Anche in politica est modus in rebus“.

E, a proposito di moderati, resta l’incognita su come si muoverà il centro di Mario Monti, dopo le acque agitatissime tra lui e Pier Ferdinando Casini. Il secondo si è espresso piuttosto poco sul tema della decadenza, il primo si è apertamente schierato a favore della fine del mandato parlamentare berlusconiano. E tutti gli altri nel mezzo?

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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