INTERVISTA Razzi: “Berlusconi si fida troppo Di Pietro mi ha trattato come una rogna”

Pubblicato il 13 Gennaio 2014 alle 17:50 Autore: Gabriele Maestri
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INTERVISTA a Razzi: “Berlusconi si fida troppo. Di Pietro mi ha trattato come una rogna”

A scrivere su Google Antonio Razzi, esce una curiosa fauna di siti e link. A parte le pagine istituzionali e quella di Wikipedia, è un fiorire di video estratti fulminanti, di “perle di saggezza” ampiamente (e anche comprensibilmente) prese di mira dagli utenti della Rete. Fin qui, il personaggio, per lo meno l’immagine che esce dai media e che Razzi contribuisce in larga parte a dare di sé.

Sbertucciarlo, insomma, sarebbe stato facile, fin troppo. Noi però volevamo fare un’intervista seria, senza concessioni allo sberleffo. Lui, attraverso il suo consigliere politico, ha accettato di rispondere alle nostre domande, purché il tutto avvenisse per iscritto: quello che segue, dunque, è il contenuto del nostro dialogo. Si parla di legge elettorale, imprese italiane e votanti all’estero, dell’addio a Di Pietro che gli ha dato (suo malgrado) notorietà e del rapporto con Berlusconi. Con una chiosa, inevitabile, sul “personaggio” Razzi: è colpa di chi lo disegna così o la matita, in fondo, l’ha consegnata lui?

Antonio Razzi

Senatore, in queste settimane uno dei temi che vede il confronto più duro è la legge elettorale: lei personalmente che alternativa preferisce e perché?

Forza Italia è orientata per il sistema elettorale spagnolo. Il problema è che in Italia forse, dico forse, non sembrerebbe interamente applicabile giacché la Corte Costituzionale italiana ha bocciato le liste chiuse del Porcellum. Quindi in ogni caso in Italia si dovrebbe applicare un sistema spagnolo per lo meno “rivisto”. Prima cosa, urge una riforma istituzionale che renda il Senato non elettivo come in Spagna (le Cortes) e introduca la sfiducia costruttiva, altrimenti il rischio di un governo perennemente traballante e poco produttivo è sempre dietro l’angolo. La discussione è aperta vedremo quale progetto varare anche e soprattutto in considerazione delle posizioni generali degli altri schieramenti. Questo è un argomento che è necessario affrontare a più mani per ovvi motivi. Personalmente da parlamentare, sono abituato alla preferenza. Ricordo che per due legislature la mia candidatura è stata appoggiata dal sistema di voto che all’estero prevede la preferenza contrariamente all’Italia dove vige la lista bloccata. La nuova legge elettorale è un argomento spinoso ed è motivo di studio e di discussione costruttiva anche e soprattutto nel mio partito.

Secondo lei, nelle preferenze delle varie forze politiche per questo o quel sistema elettorale quanto c’è di interessato (secondo convenienza), da 0 a 10?

Parto dal presupposto che in qualsivoglia sistema elettorale, se la predisposizione è al latrocinio, all’interesse personale e di bottega, nessun sistema garantisce una partecipazione chiara e trasparente. Intendo dire che, tutto sommato, neanche la preferenza, come demagogicamente molti vanno predicando se manipolata malamente, è negativa. Mi riferisco a quei famosi colletti bianchi scelti e supportati dalle organizzazioni criminali per fare da cavallo di Troia in Parlamento. Tutto sta alla buona fede delle intenzioni ed alla qualità degli uomini in campo.

lupi sulla legge elettorale

Nelle legislature precedenti lei ha sottolineato di essere stato eletto grazie alle preferenze, ma a febbraio del 2013 anche lei è stato “nominato”: l’epoca del Parlamento di nominati secondo lei deve finire?

Ripeto, se non cambiano gli uomini chiamati a cambiare, mi passi il gioco di parole, tutti i sistemi sono negativi. Non so se l’epoca dei nominati sia finita o se finirà a breve, so solo che i partiti dovrebbero essere caricati di una grande responsabilità nella scelta dei propri uomini. Non si sa in giro, e colgo l’occasione per dirlo in questa sede, che mi sono reso promotore di un progetto di legge che introduca, come per le società di calcio, la responsabilità civile oggettiva dei partiti per le malefatte degli uomini che li rappresentano nelle istituzioni a partire dagli enti locali per finire ai parlamentari. In due parole se un esponente del partito “giallo” scappa con la cassa, ruba denaro pubblico o truffa ecc… sarà il partito “giallo” a risarcire e restituire il mal tolto salvo poi rivalersi sul mariuolo. Allora si che potrei affidarmi anche ad una lista bloccata. In quel caso la cernita sarebbe veramente oculata perché quando sei investito e caricato di una responsabilità tale stai attento alle qualità, ai meriti ed alle reputazioni di quelli che stai per candidare.

Lei è stato eletto per ben due volte nella circoscrizione estero, eppure in una sua proposta di legge ha parlato espressamente di “reiterati brogli” in questo ambito. Cosa c’è che non va in quel sistema e qual è la sua ricetta?

All’estero il sistema è veramente assurdo. In primo luogo dobbiamo dire che le liste dell’A.I.R.E dei residenti all’estero non sono state aggiornate da tempo immemore. Non sono aggiornati gli indirizzi per cui la scheda pervenuta a Caio in via Tale non lo trova a quell’indirizzo perché Caio si è trasferito in via Quale, oppure Caio è deceduto ecc. Pacchi, sacchi di schede vengono trafugate in blocco e votate in massa perché nel loro viaggio dall’Italia all’estero, non sono scortate né si adopera vigilanza su queste. Le operazioni di voto non avvengono presso gli uffici consolari o le ambasciate cosa assolutamente auspicabile per controllare i documenti ed assicurare una testa un voto. Insomma, senza entrare nel meccanismo veramente ridicolo del voto all’estero, è venuto il momento di cambiare. Prima di tutto il voto all’estero non è equiparato a quello italiano. Un residente all’estero può candidarsi in un collegio italiano un italiano residente in Italia non può candidarsi all’estero se non è ivi residente. Le pare costituzionale tutto questo? Ho presentato un progetto di legge per introdurre in Italia il voto elettronico cosa che eviterebbe, per l’estero, il viaggio di sacchi e sacchi di buste con schede elettorali abbandonate a sé stesse, e si potrebbe concedere ai residenti all’estero, pur senza modificare la Costituzione che ha introdotto la circoscrizione estero, di votare per candidati italiani residenti in Italia. Non è che oggi non sia possibile, per un residente all’estero, partecipare alle votazioni per candidati di collegi italiani, ma per votare per esempio mio nipote che vive in Italia io residente all’estero devo recarmi in Italia accollandomi le spese di viaggio e di soggiorno. L’idea del voto elettronico aggira l’ostacolo della circoscrizione estero perché permetterebbe di scegliere di votare per candidati italiani più facilmente senza oneri. Basta scegliere dove votare, in Italia o per la circoscrizione ed il gioco è fatto. Anche oggi funziona così solo che se decidi per l’Italia devi venirci e a nessuno conviene ovviamente di venirci per votare con tutto quello che gli costerà.

senato valanga di emendamenti

Lei ha presentato una proposta di legge (di cui non è ancora disponibile l’articolato) per favorire il trasferimento di imprese italiane e straniere che operino all’estero: come farà Razzi a invertire la tendenza alla fuga dall’Italia?

Mi consenta di contestarle il tenore della domanda. Lei sa benissimo che ciascun parlamentare singolarmente non conta proprio nulla nel contesto bicamerale tuttora vigente. Ciò significa, per essere breve e rispondere alla sua domanda, che Razzi da solo non potrà fare nulla per evitare la fuga dall’Italia. Penso che se l’Italia avrà l’intelligenza di fare da catalizzatore come paese nel quale investire i propri capitali, potrebbe significare porre in essere un meccanismo automatico che frenerebbe l’impulso ad andare altrove a fare impresa. Il problema è da dove cominciare e se vuole sapere una mia modestissima opinione, le dico che se non si assicura all’investitore straniero la certezza del diritto, la sicurezza degli investimenti, il riparo da forme di ingerenza criminale e non si abbatte la burocrazia elefantiaca vigente oramai da troppo tempo, certamente il paese non potrà divenire il catalizzatore che auspicavo.

In un altro progetto di legge chiede che si possano istituire corsi online di lingua e cultura italiana per i residenti all’estero: quale sarebbe l’utilità per loro e per chi è rimasto in Italia? E perché c’è bisogno di una legge per istituire quei corsi?

All’estero si sta provvedendo a chiudere un po’ di tutto. Cominciamo dai consolati e si sa quali sono le ragioni pseudo europeiste della decisione che si accompagna benissimo con la smania di risparmio per finire alle scuole ed agli istituti di lingua e cultura italiani. All’estero, glielo dico io che vi ho vissuto per ben 40 anni, la gente italiana che come me ha vissuto anni difficili, le parlo della Svizzera, basterebbe vedere girare per casa figli che parlano italiano. E’ quasi quasi l’ultima pretesa che rimane loro e che li tiene ancora legati, almeno col cuore, alla terra d’origine. Poi l’Italia ha vissuto di rendita proprio su questi aspetti che sono poi l’attrazione mondiale turistica ed intellettuale. Il paese ha fatto da maestro, nelle arti e nella letteratura senza contare le bellezze naturali che rendono il territorio unico, a tutto il mondo. Sfondo una porta aperta. Ma oggi la tendenza masochistica incomprensibile spinge ad azzerare anche questi aspetti di incomparabile importanza. Premesso ciò, il progetto di legge tende proprio a questo, arrivare ovunque ad insegnare la lingua e la cultura italiana con un abbattimento di costi considerevole senza l’onere di infrastrutture, insegnanti in loco, scuole ecc. Ciò vale sia all’estero sia in Italia. Per fare ciò occorre una legge che renda la scelta non opzionale ma obbligatoria per fare in modo che tutti possano accedere allo studio anche quei bambini lontani dalle scuole ed abitanti in paesini di pochissimi abitanti. Stiamo parlando del diritto allo studio. E’ un fatto veramente irrinunciabile.

antonio di pietro idv carceri amnistia

Sono passati poco più di tre anni da quando ha scelto di lasciare il gruppo dell’Idv per sostenere il governo Berlusconi: si è mai pentito di quella scelta, anche solo per la pubblicità negativa che ne ha ricavato? C’è qualcosa che non rifarebbe?

Mai pentito neanche per un attimo. Ho sopportato l’amaro in bocca per essere stato trattato da Di Pietro come una rogna e questo non lo meritavo per i sentimenti genuini e sentiti che mi legavano a lui. Per il resto, mi creda, la lascio ai fatti, vada in po’ a cercare il partito ed il suo leader e mi dica poi se li trova da qualche parte. Questa “sparizione” politica vorrà pur dire qualcosa o no? Qualcosa che non rifarei? Certo! Andarmene da quel partito dopo tutto quel tempo passato a soffrire tra mortificazioni che neanche nella più insofferente delle Svizzere mi era mai capitato di sopportare. Oggi lo lascerei dopo un solo giorno.

Berlusconi "Italia repubblica giudiziaria"

Al di fuori di ogni battuta, come definirebbe il suo rapporto con Silvio Berlusconi? Qual è il suo miglior pregio e quale il suo peggior difetto? Ora che non è più un membro del Parlamento, ha qualcosa da rimproverargli?

I miei rapporti con Berlusconi sono di grande affetto. Paradossalmente il maggior pregio corrisponde anche al peggior difetto: si fida troppo di tutti. Se fosse stato un po’ più marpione troppe rogne le avrebbe evitate. Fidarsi è bene ed è un pregio, non fidarsi non è meglio ma consigliabile di volta in volta.

Senatore Razzi Kim Jong Un e un moderato

Fanno ancora rumore le sue dichiarazioni su Kim Jong-Un: su cosa fonda quei suoi giudizi?

Lei è un giornalista bravo, può immaginare però la mala fede dei suoi colleghi nel sottolineare, per esempio, l’uso di un aggettivo in maniera impropria dovuto alla mia scarsa padronanza della lingua italiana per passare una notizia al posto di un’altra. Voglio precisare allora che i miei rapporti diplomatici con le autorità nord-coreane in Italia, sono ottimi. Parlo di persone perbene, cordiali e diplomaticamente impeccabili. Personalmente io sono sempre per la pacificazione, per le relazioni diplomatiche. Sono portato naturalmente all’abolizione del conflitto in quanto tale. Per esempio, aver contribuito a portare una delegazione di piccoli calciatori nord-coreani in Italia ad imparare il gioco del calcio, è una cosa della quale vado fiero perché significa aprirsi ed offrire una organizzazione di vita che non può far altro che far crescere questa gioventù che vive così lontano da noi per cultura, organizzazione sociale e politica. Lo sport aggrega ed unisce. Per il resto, avendo fatto parte del Popolo della Libertà prima e di Forza Italia ora credo sia inutile sottolineare che sono contro ogni forma di governo che non sia democratica e che non garantisca libertà e diritti. Pur essendo questa una precisazione superflua tengo a sottolinearla qualora anche a lei venissero in mente interpretazioni diverse. Lei sembra una persona perbene, educata e corretta, poi se picchia a sangue sua moglie nel chiuso della sua abitazione non mi è dato vederlo.

A.Razzi

Da ultimo: le sue partecipazioni radiotelevisive dipingono l’immagine di un Razzi gaffeur professionista, facilissimo da irridere o parodiare. Pensa che sia colpa solo di chi si fa beffe di lei o che sia anche causa sua? E, se è così, perché accetta che esca di lei questa immagine?

Mi piacerebbe rispondere che è stato tutto un progetto premeditato pianificato a tavolino attraverso il quale raggiungere quella popolarità che oggi, narcisisticamente parlando, potrebbe essere strumentalizzata a mio vantaggio. Ma purtroppo, devo ammettere, non è così. Ho violato spesso regole di prudenza e di attenzione elementari nonostante mi fosse strenuamente consigliato. Ho mostrato una dimestichezza che non ho davanti ai microfoni ed alle telecamere che hanno messo a dura prova l’impatto con i giornalisti. Ma sa, “la notizia” in Italia si basa proprio su questo becero sistema di aggressione quotidiana contro chi si è prestato, suo malgrado, ad un gioco perverso di cui non è stato l’ideatore ma ne è la vittima. Essere però come mamma mi ha fatto, mi ripaga moltissimo. Penso ai parlamentai, ambasciatori, ministri stranieri che incontro nei miei viaggi di istituto. Con loro ho un rapporto che mi invidiano in molti colleghi, è a me che essi si rivolgono chiamandomi per nome, è con me che bevono volentieri un caffè e scambiano quattro chiacchiere. C’è gente che ha il mio numero personale che mi chiama e che ricevo volentieri compatibilmente con i lavori d’aula. Il comune denominatore è la meraviglia della disponibilità che offro ad ascoltare le loro ragioni ed i loro problemi. Mi dica quale parlamentare risponde al telefono ad un semplice cittadino e fissa con lui un appuntamento senza conoscerlo. Poi parlano di scollamento tra la politica, i politici ed i cittadini.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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