Caos a Strasburgo: si sciolgono gli euroscettici, M5S finisce tra i non iscritti

Pubblicato il 16 Ottobre 2014 alle 18:51 Autore: Redazione
grillo farage a bruxelles

Sono giorni turbolenti in casa Cinque Stelle, non solo per le tensioni interne, le nuove epurazioni e la vicenda-Orellana. Serie criticità arrivano anche da oltralpe. Dopo il licenziamento dei quindici membri dello staff di comunicazione a supporto della delegazione pentastellata in Europa, infatti, si abbatte un’altra tegola per i grillini: lo scioglimento del gruppo europeo di cui erano parte integrante.

Come è noto, il Movimento Cinque Stelle – all’indomani delle elezioni del maggio scorso, dove ha eletto 17 europarlamentari – scelse, tramite consultazione online degli attivisti, di entrare nel gruppo parlamentare dell’EFDD (“Europa della Libertà e della Democrazia Diretta”). Una decisione che, come qualcuno ricorderà, suscitò numerose polemiche, a causa delle posizioni fortemente nazionaliste (e velatamente xenofobe) di Nigel Farage, presidente e principale animatore dell’EFDD, nonché leader dell’Ukip, il partito che ha sconvolto gli equilibri del sistema politico britannico, piazzandosi al primo posto proprio alle ultime elezioni europee.

Il regolamento della massima assise comunitaria prevede che per la formazione di un gruppo parlamentare a Strasburgo è necessaria l’adesione di deputati – per un numero non inferiore a 25 – provenienti da almeno 7 paesi europei. Nonostante le difficoltà iniziali, l’eurogruppo EFDD riuscì a formarsi, grazie all’adesione – oltre al M5S e all’Ukip – dei Democratici Svedesi, del Partito dei Liberi Cittadini (Repubblica Ceca), di Ordine e Giustizia (Lituania), di un indipendente francese fuoriuscito dal Front National di Marine LePen e dell’Unione dei Verdi e dei Contadini, partito lettone di stampo fortemente conservatore.

bruxelles boccia manovra

E proprio l’unica esponente di questo partito a Strasburgo, Iveta Grigule, ha scelto di abbandonare l’EFDD, decretandone lo scioglimento automatico, come comunicato da Jaume Duch, portavoce del Parlamento europeo. La stessa Grigule, inoltre, come fa notare eunews.it, è stata eletta presidente della delegazione Ue-Kazakistan proprio pochi minuti prima di abbandonare l’EFDD. Secondo il sito di informazione europea, la nomina costituirebbe un “premio” alla deputata da parte della maggioranza socialista, liberale e popolare, che infligge un colpo forte agli oppositori euroscettici, i quali si ritrovano così privi di un importante privilegio quale è il gruppo autonomo.

In ogni caso, al netto delle polemiche, i deputati europei del M5S sono già al lavoro per trovare una soluzione. Il capogruppo Ignazio Corrao, in particolare, ha dichiarato al Fatto Quotidiano “ci prenderemo tutto il tempo per farlo nel migliore e più approfondito dei modi. E alla fine deciderà la rete”. Nel frattempo la base, sul web, inizia a discutere su un’eventuale ricollocazione. Qualcuno parla della Gue/Ngl, la sinistra radicale (ipotesi altamente improbabile), qualcuno dei Verdi (difficile, visto il precedente rifiuto di questi ultimi proprio lo scorso giugno), altri rispolverano la possibilità di unirsi al gruppo dei Conservatori e riformisti europei (ECR), per i quali avevano espresso la preferenza il 12% dei partecipanti al referendum che portò all’adesione grillina all’EFDD. Alcuni osservatori, invece, teorizzano un accordo imminente tra l’Ukip, il Front National, l’FPO austriaco e altri soggetti politici affini per la creazione di un nuovo gruppo euroscettico della destra radicale, dal quale però il M5S sarebbe presumibilmente escluso.

È possibile che alla fine i diciassette portavoce grillini restino nel gruppo dei non iscritti (che, con l’ingresso automatico degli ex membri dell’EFDD raggiunge quota 99 elementi), che però comporterebbe una serie di svantaggi per la delegazione. I non iscritti, infatti, non possono accedere a incarichi di Presidenza delle varie Commissioni, né presentare emendamenti in assemblea. Una scelta, quella della permanenza tra i non iscritti, che indebolirebbe molto una formazione politica in un periodo non certo dei migliori, tra lacerazioni e minacce di “resa dei conti”.

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