Risultati regionali 2015: qual è il futuro del Pd?

Pubblicato il 1 Giugno 2015 alle 12:20 Autore: Giulia Angeletti
bandiere del partito democratico

Risultati regionali 2015: all’uscita dei risultati di queste regionali 2015 possiamo dire – scegliendo una terza via tra chi già festeggia la fine del renzismo e chi si rallegra per questo 5 a 2 – che per il Pd di Renzi è stata una mezza vittoria e una mezza sconfitta. Un risultato che, pur apparendo in parte soddisfacente, mette in evidenza il fatto che la figura di Renzi il rottamatore sta continuando a vacillare e che, voglia o non voglia, il premier segretario dovrà fare i conti con quella minoranza interna che sta continuando a portargli problemi e a dimostrare che l’unità vince sulle divisioni.

renzi in primo piano con microfono in mano

Solo se unito il Pd vince. Estromettere la sinistra è un errore e il posto giusto della sinistra è esattamente nel Pd“, queste le parole dell’ex capogruppo del Pd alla Camera e leader di Area Riformista Roberto Speranza quando Repubblica gli chiede un commento sui risultati delle elezioni regionali. “Io non credo a nuove forze politiche alla sinistra dei Democratici. Quindi no alle scissioni. Per me sinistra significa migliorare la vita reale dei cittadini, avendo come bussola la lotta alle disuguaglianze. Perciò è giusto che la sinistra sia protagonista in un grande partito come il Pd“, continua Speranza, per poi arrivare al punto cruciale, quello della Liguria, la vera sconfitta di Renzi in questa tornata elettorale: “Ogni volta che ci si divide si commette un errore. Quando spacchi il campo del centrosinistra è chiaro che finisci per aiutare i 5 Stelle e la destra. Il Pd vince se unito”. In effetti la vittoria di Giovanni Toti, che ha strappato la regione a un centrosinistra diviso e in pieno conflitto, fa sembrare lontani i tempi di quel 40% alle europee, quando il partito aveva costruito la sua forza sull’unità delle “molteplici parti” e sul carisma del suo leader forte.

Civati: “Non siamo marginali”

E intanto, oggi che il consenso intorno a questo leader forte sembra vacillare, c’è già chi ritiene di poter ottenere vantaggi e rivincite personali: “A noi ci hanno considerato fin dall’ inizio marginali e infatti sembra che abbiamo preso almeno il 10%. Non mi sembrerebbe un risultato marginale, nessuno a sinistra in Italia fa queste percentuali” è stato il commento di Giuseppe Civati a spoglio ancora non concluso in Liguria, che lascia intendere le prossime mosse dell’ormai fuoriuscito dem. “Ho passato un anno a essere trattato come un visionario e invece oggi si dimostra che può esserci una visione nuova nella politica”, e aggiunge “farò quel che ho detto: il 2 giugno manderò una lettera a tutti quelli che possono essere interessati ad un progetto di innovazione della sinistra italiana, esattamente come Renzi ha innovato il centro”.

Cuperlo: “Ritrovare un progetto comune. Renzi rifletta”

Dall’altra parte invece Gianni Cuperlo vuole ritrovare l’unità e invita il premier alla riflessione: “Non è questione di resa dei conti, ma di come si tiene assieme e si rilancia un progetto comune. Colpiscono l’ astensione mai così alta e le conseguenze delle divisioni a sinistra. Serve una riflessione seria che deve partire da Renzi”, è il suo commento al Corriere della Sera. “Io – aggiunge – penso a un Pd largo, che costruisce dei ponti con quanto di buono vi è fuori da noi. Guai a spezzare il filo anche con chi è critico ma vuole una sinistra solida e unita. La scissione non è il mio obiettivo“. A Cuperlo – leader di SinistraDem – non fanno impazzire le tendenze centriste di Renzi e vorrebbe un governo “un po’ più di sinistra e un po’ meno partito della Nazione”, ma ammette che non si tratta di nostalgia per la vecchia “ditta”. “Io non voglio tornare al Pd di ieri, lavoro per un Pd ancorato alle ragioni di una sinistra innovativa. Ma se ci troviamo in questa condizione qualche domanda dobbiamo farcela”, e conclude infine “la vecchia ditta non esiste più e io non soffro di nostalgia. Temo che evocare la ditta di prima sia un modo per guardare la realtà a occhi chiusi“.

Per Fassina c’è bisogno di “cambiare rotta”

Un altro che ha subito denunciato gli errori di Renzi nel Pd e che chiede ad alta voce un “cambiamento di rotta” è poi Stefano Fassina: “Dopo questo risultato, Renzi deve fermarsi e cambiare rotta“, è il suo primo commento all’uscita dei risultati sul voto regionale. E va dritto al punto, senza quisquilie, chiedendo al presidente del Consiglio aperture sulla riforma della scuola: “Se il premier vorrà andare avanti su questa strada fallimentare, io uscirò dal Pd“, annuncia Fassina, e definisce il risultato ligure come “Un clamoroso autogol del Pd di Renzi, che ha voluto perdere la Liguria con una proposta politica, quella della Paita, molto problematica”. Il suo invito a Renzi e al governo è quello di riconoscere i propri errori e di “non cercare un capro espiatorio”; “Chi non ha votato Lella Paita, se non avesse avuto una candidatura come quella di Pastorino, avrebbe votato i Cinque Stelle o sarebbe rimasto a casa – conclude – spero si faccia tesoro della lezione di queste elezioni regionali. Siamo di fronte a errori clamorosi, serve un cambiamento radicale“.

Renzi: “Non è accettabile un partito nel partito”

Quello che c’è da evidenziare è che in effetti – in barba agli affari interni al Pd e ai personalismi dei leader delle varie correnti – l’obiettivo renziano di soffocare l’ondata populista non è stato raggiunto: M5s e Lega continuano sul loro cammino e a trovare un ampio bacino di elettori che quelle stesse divisioni e personalismi continuano ad irrobustire. Siamo nuovamente di fronte al sistema che combatte contro l’antisistema, una lotta estenuante dalla quale sono gli italiani – come sempre – ad uscire sconfitti. Anche l’astensionismo è il grande indicatore di ciò che non funziona: tra disaffezionati e confusi, gli italiani sembrano non credere più alla svolta renziana del centrosinistra e tornano ad ingrossare le file del voto di protesta. Ma comunque il Pd si tiene strette le sue vittorie in cinque regioni e da lì deve poter ripartire, come sostiene il suo segretario.

Dopo le elezioni  bisognerà ragionare tutti sul modo in cui si sta insieme nel Pd e sulla lealtà e i vincoli d’appartenenza a una stessa comunità politica. C’è il rispetto delle regole e il rispetto tra di noi che siamo sulla stessa barca” ha detto Matteo Renzi ai suoi collaboratori. E’ ben conscio di quanto le battaglie con la minoranza lo abbiano svantaggiato, ma non perde comunque la sua retorica da leader e, forse con qualche apertura in  più, le sue parole continuano a rimproverare metà della squadra e a cercare i colpevoli: “Non è accettabile che ci sia un gruppo compatto come un partito dentro un partito che voti contro riforme che il governo considera delle priorità. Gli interessi di corrente non possono prevalere rispetto a quelli di partito. Come è stato possibile che una parte della Cgil abbia fatto campagna a favore dell’astensionismo in Veneto? Ecco, queste sono le condizioni nelle quali ha dovuto giocare il mio Pd“, sono le parole amare del segretario-premier Renzi. “Pensando di colpire me, erano pronti a colpire il loro partito. Questo è tafazzismo purissimo. – ha aggiunto – Hanno voluto perdere in Liguria, loro come lo spiegheranno ai nostri militanti e ai volontari delle feste dell’Unità?”.

Pd in conferenza stampa celebra la vittoria

Alcuni vertici del Pd, come Debora Serracchiani, Lorenzo Guerini, Matteo Orfini e Luigi Zanda, hanno da poco tenuto una conferenza stampa per commentare i risultati delle appena concluse elezioni regionali. Il clima – oltre le suddette divisioni e la sconfitta in Liguria – è di vittoria: a parlare per prima è stata proprio la Serracchiani, la quale si mostra amareggiata per il risultato ligure ma, al contempo, si rallegra per tutti gli altri: “Questo risultato ci incoraggia ad andare avanti fino al 2018 e a completare il percorso delle riforme”. Poi aggiunge, con una stoccata ai membri della minoranza: “La sinistra che vuole cambiare il Paese è quella sinistra che sta con il Partito democratico. Adesso dobbiamo lavorare per il cambiamento lì dove non siamo riusciti ad attuarlo. Questo è l’anno in cui all’indomani delle elezioni in Pd festeggia”.

Lorenzo Guerini: “Il dato essenziale che emerge da questi risultati è un trend, il trend che vede il Pd conquistare molte regioni da quando Matteo Renzi è segretario. Tutto il resto sono chiacchiere. La valutazione politica ulteriore è che perdiamo in una regione perchè un pezzo del centrosinistra ha ritenuto, per ragioni che poco hanno a che fare con le dinamiche territoriali, di mettersi contro il suo stesso partito. Per inseguire questo desiderio qualcuno ha consegnato la Liguria alla destra“, sostiene il vicesegretario Pd. Quando invece gli chiedono quale sarà la sorte di De Luca con l’applicazione della legge Severino risponde: “De Luca farà ciò che la legge prescrive. La legge parla di sospensione, non di decadenza”.

Matteo Orfini: “È una vittoria complessiva questa. Trovo curioso che ci sia una parte del centrosinistra che festeggia una vittoria della destra e che ci sia una destra che festeggia una sconfitta come questa. È evidente che l’unica forza politica seria sia quella del Partito democratico e ringraziamo gli italiani  per aver rinnovato la fiducia al nostro partito. Andiamo avanti convinti di essere sulla strada giusta”. Sulla questione poi della battaglia con la minoranza Orfini risponde sicuro: “La discussione interna non  è mai finita. Ma la sede del dibattito è e continua ad essere questa sede”.

Luigi Zanda: “Il Partito democratico ha raggiunto una vittoria politica palese. La continuità sul percorso delle riforme sarà la nostra forza. Vi voglio ricordare che nei prossimi 40 giorni solo al Senato abbiamo da approvare il codice degli appalti, il provvedimento sulla scuola, la riforma Rai sulla legge Gasparri, la legge sull’omicidio stradale e sulle unioni civili per gli omosessuali. Questo è il lavoro in vista del 2018 che rappresenta bene la nostra condizione”.

L'autore: Giulia Angeletti

Giornalista pubblicista classe 1989, laureata in Scienze Politiche, "masterizzata" presso la Business School del Sole 24 Ore, attualmente è addetta stampa e redattrice per Termometro Politico. Affascinata dal mestiere più bello del mondo e frustrata dalla difficoltà di intraprendere più seriamente questa professione, pianifica numerosi "piani B" per poter sbarcare il lunario nel settore della comunicazione. Ama informarsi e leggere, odia avere poco tempo per farlo. Su Twitter è @GiuliaAngelett3
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