Legge elettorale: ecco come funziona il Provincellum

Pubblicato il 13 Settembre 2016 alle 12:08 Autore: Emanuele Vena
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Legge elettorale: ecco come funziona il Provincellum

In attesa della pronuncia della Consulta sull’Italicum, la legge elettorale fortemente sponsorizzata dal governo – in primis nella figura di Matteo Renzi e del Ministro per le Riforme Maria Elena Boschi – il premier prova a scandagliare le possibili alternative. Ed ecco così che spunta l’arma segreta che potrebbe rappresentare un buon compromesso, vale a dire il già ribattezzato Provincellum, la legge elettorale già utilizzata per le elezioni provinciali.

Il meccanismo del Provincellum è – anzi era, vista l’addio all’elezione diretta per le province, che dovrebbero essere ufficialmente abolite con la Legge Boschi, previo esito positivo del referendum costituzionale – il seguente. Il candidato presidente è collegato ad uno o più candidati consiglieri, e risulta eletto al 1° turno se ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi. In caso contrario, si procede ad un ballottaggio tra i due più votati del 1° turno, per sancire il vincitore.

Per quanto riguarda i consiglieri, la loro elezione si basa su collegi uninominali, con la presenza quindi di un solo candidato per lista. I partiti collegati al candidato eletto presidente ottengono, grazie alla presenza di un premio di maggioranza, il 60% dei seggi in consiglio provinciale.

Legge elettorale: perché il Provincellum andrebbe bene a Renzi

Perché questo meccanismo potrebbe andar bene a Renzi? Principalmente per 2 motivi, legati ai capisaldi portati avanti dal premier, vale a dire il doppio turno ed il premio di maggioranza. L’obiettivo di Renzi – esplicitato a più riprese – resta quello di evitare lo stallo, permettendo di sapere con certezza già al termine dello scrutinio quale sarà il partito (o insieme di liste) che avrà l’impegno di governare il Paese.

A tal proposito, la presenza del premio di maggioranza garantirebbe chiarezza e numeri sufficienti per porre le basi per una maggioranza quantomeno netta e stabile (ma non ovviamente la governabilità, che dipende sempre dalla coesione interna a partiti e coalizioni, un aspetto su cui le leggi elettorali purtroppo non hanno voce in capitolo). Tra l’altro, il mix tra secondo turno e premio di maggioranza potrebbe mettere al riparo da rilievi costituzionali legati ad un eccesso di disproporzionalità, come invece accaduto con il Porcellum che – come visto nelle elezioni 2013 – permetteva di ottenere alla Camera ben 340 seggi (cioè oltre il 53% del totale) conquistando appena un quarto dei voti validi.

In secondo luogo, la presenza dei collegi uninominali depotenzierebbe uno dei cavalli di battaglia della minoranza dem, vale a dire la completa reintroduzione delle preferenze. Da questo punto di vista, quindi, il Provincellum potrebbe essere l’arma giusta per il premier per trovare la quadra e stemperare i toni all’interno del PD, sottraendo alla minoranza il ricatto sul referendum costituzionale – “senza modifiche all’Italicum, non voteremo sì al referendum”, era stata la minaccia di Roberto Speranza – e conducendo in porto la doppia riforma.

L'autore: Emanuele Vena

Lucano, classe ’84, laureato in Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna e specializzato in Politica Internazionale e Diplomazia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Appassionato di storia, politica e giornalismo, trascorre il tempo libero percuotendo amabilmente la sua batteria. Collabora con il Termometro Politico dal 2013. Durante il 2015 è stato anche redattore di politica estera presso IBTimes Italia. Su Twitter è @EmanueleVena
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